Mostra in collegamento con la GMG

I ragazzi della parrocchia di Ponte Cappuccini stanno preparando una mostra su Andrea Mandelli, un ragazzo in cammino per la santità, che è stato scelto come testimone della GMG, la Giornata Mondiale della Gioventù.

Si tratta di un modo per vivere la GMG in comunione con i ragazzi di tutto il mondo che incontrano il Papa a Lisbona. La mostra sarà allestita nel portico della chiesa di Ponte Cappuccini e sarà visitabile per tutta la durata della GMG, dall’1 al 6 agosto.

Giovedì 3 agosto alle 17 ci sarà la presentazione preparata da alcuni ragazzi. E’ prevista anche qualche sorpresa canora e artistica… Dopo la presentazione ci sarà un breve momento di preghiera e un buffet preparato con il contributo delle monache e delle mamme.

Siamo tutti invitati a partecipare giovedì alle ore 17 presso la Chiesa di Ponte Cappuccini

Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio

30 luglio 2023

Dopo due giorni, si dorme su un letto pulito… continua la lunga marcia verso Lisbona. La colazione è strepitosa: siamo ospiti delle monache benedettine di Valladolid. Facciamo tesoro dei piccoli gesti che esprimono la loro premura e la loro partecipazione all’evento: anziane, ma dal cuore di bimbe. Molto prima della levata avevamo sentito il loro canto dolcissimo. Ci danno appuntamento al ritorno e ci chiedono preghiere; faremo tappa ancora nella loro casa, ma – ne siamo convinti – ripasseremo sicuramente diversi. Molti ragazzi vivono questo come “il viaggio della loro vita”. Sono le monache, dialogando con i ragazzi, a lanciare la proposta vocazionale, discorso che verrà poi ripreso in altri momenti della giornata.
Oggi la strada da percorrere in pullman è più breve. Meno di due ore e siamo ad Avila. Mi suggeriscono di dire una parola sulla figura di questa donna straordinaria, maestra, mistica e santa. Mi rammarico di non riuscire a riassumere quello che si muove dentro di me. Per fortuna è stata preparata un’agile registrazione… Quasi improvvisamente appare la cerchia merlata delle mura della città patrimonio dell’Unesco: una meraviglia! Ripercorriamo a piedi il cammino di Teresa dal monastero dell’Incarnazione, dove ha vestito l’abito carmelitano, al Carmelo San Giuseppe della riforma. Sostiamo presso la Cattedrale e, nel pomeriggio, nella chiesa accanto alla casa natale di Teresa. Ci dividiamo in gruppi alla ricerca di un “localino” per il pranzo e si fa esperienza di un classico della GMG: cominciamo ad incontrare gruppi provenienti da ogni parte, gruppi “variopinti”. È una confluenza di rigagnoli che poi diventano fiume, una rappresentazione visiva del Salmo: “Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio”. Avila è stata scelta da molti pellegrini come tappa verso Lisbona. Ci si saluta, ci si scambiano informazioni, si scattano foto, si occupano pacificamente angoli nelle piazze e comincia a diventare famigliare l’inno della GMG 2023: “Da tutto il mondo, verso questa città, per terra, per cielo, noi siamo ora qui. Con Maria ripetiamo il suo «sì». Vogliamo servire, seguendo il disegno, che ha Dio per noi”. Ma non riusciamo a vedere le tante chiese e i tanti palazzi di Avila: gli autisti, a sorpresa, ci regalano un video; ce lo gustiamo sull’impianto tv del pullman.
Ho vissuto altre GMG. Il copione è il medesimo, ma la novità è la testimonianza di come i giovani siano accompagnati dall’attenzione e dall’interesse del mondo ecclesiale: riceviamo messaggi, promesse di preghiere. C’è tanta attesa.
Non ci si può dimenticare che l’Europa vive una pesante situazione di guerra. Il milione di giovani che saranno domenica a Lisbona farà da cassa di risonanza al messaggio che papa Francesco vorrà lanciare all’umanità. Un’impressione: i giovani sono profondamente cambiati, scontata la disinvoltura nell’uso dei social, ma c’è desiderio di interiorità. Don Mirco ha consegnato ad ognuno un piccolo quaderno: è per interiorizzare immagini, pensieri, ispirazioni, un invito a coltivare il proprio giardino interiore.
Ci si rimette in cammino verso Caceres nella regione di Leon: altri paesaggi, altre atmosfere, ancora pale eoliche ed enormi sagome di tori su luoghi elevati. Attraversiamo un fiume che scorre profondo in un abbozzo di canyon roccioso. Ci dicono che qui vi sono nidi di cicogne e il cielo è attraversato, di tanto in tanto, da aquile con ali spalancate: “Guardate, guardate…”. E tutti, col naso appiccicato al vetro, per vedere. La casa che ci accoglie in serata è in cima alla montagna che sovrasta la città. È il momento del tramonto: sono quasi le 22, ma c’è ancora tanta luce. Un cielo infuocato che stupisce ed ammutolisce questi giovani. Silenzio desideratissimo.

+ Andrea Turazzi

Costretti a rimotivare il nostro cammino

29 luglio 2023

Sonni profondi, improvvisi squilli di ilarità, brusio intermittente del condizionatore, conversazioni discrete, immancabili appelli dopo le soste (rare, rapide e ristoratrici). Siamo cittadini del pullman “63 posti, 14 metri, ditta Boldrini”. Percorriamo mezza Spagna infuocata. A proposito delle “3 erre” ci viene proposta una più importante declinazione. “R” come ritmo, “R” come regola, “R” come rito. È la declinazione di un’altra parola-guida per il nostro avvicinamento a Lisbona: “In fretta”, l’atteggiamento della fanciulla di Nazaret, Maria, che si alzò e si incamminò verso Elisabetta. “In fretta” non significa frettolosamente, distrattamente, superficialmente; significa slancio, prontezza, dedizione. E le occasioni non mancano: dalla pratica della puntualità alla libertà del farsi disponibili: Enea viene davanti, tra noi più vecchietti, per tirarci su con la sua simpatia, Lorenzo inventa lì per lì un sistema per raccogliere i dati sui cellulari, Giuliana, l’inossidabile, mette in riga ragazzi e ragazze, Ilaria, la mia vicina di posto, non chiude mai occhio, sempre vigile e velocissima nel comporre il cubo di Rubik, Mercedes alle prese con suor Armanda della pastorale giovanile nazionale per gli ultimi dettagli… poi, due straordinari autisti, amici e partecipi della nostra avventura.
Attesa e salutata da tutti con una ovazione la sosta delle ore 13: siamo già in terra spagnola e al ristorante c’è chi ne approfitta per mangiarsi un’appetitosa paella.
Da Barcellona, in terra di Catalogna, a Saragozza terra di Aragona, poi ci addentriamo sempre di più, nella Castiglia, cuore della Spagna. Orizzonti e panorami diversi. Abbiamo sfiorato il Principato di Andorra, amico della Repubblica di San Marino. Sulla sinistra, intanto, appare il parco naturale della cordigliera del Monserrat con le sue guglie. Sullo sfondo una foresta di pale eoliche che fa pensare al romanzo epico di Cervantes, “Don Chisciotte della Mancia”. Sì, maciniamo molta strada, a differenza degli antichi pellegrini siamo seduti, ma non per questo meno affaticati. Oggi la preghiera del Rosario è stata per i mondi che i giovani devono affrontare: crescita, affettività, vocazione, lavoro/studio, sofferenza. Improvvisamente incrociamo un pullman avvolto dal fumo: sono pellegrini italiani, come noi, verso Lisbona. Per fortuna tutti salvi. Ci salutano…
Il viaggio così lungo – oggi le ore di pullman sono state circa quindici – ci costringe a rimotivare il pellegrinaggio. E così tanto tempo gomito a gomito ci costringe a curare di più i rapporti.
Il lettore potrebbe concludere che, in una giornata chiusa in un pullman, non succedano poi tante cose e invece tante succedono nei cuori. Tramonto luminosissimo. E poi l’accoglienza delle monache benedettine. A domani.

+ Andrea Turazzi

@pgsanmarino-montefeltro
#smgmg23

Omelia nella XVII domenica del Tempo Ordinario

Avila (Spagna), 30 luglio 2023

1Re 3,5.7-12
Sal 118
Rm 8,28-30
Mt 13,44-52

Provo una grande emozione ad essere qui, nella chiesa dove santa Teresa è stata battezzata. È un’emozione anche perché ho dedicato molte lezioni agli studenti su questa grande maestra spirituale.

Seguendo la lettura del Vangelo mi viene desiderio, insieme con voi, di rinnovare il “sì” a Gesù. Mi piacerebbe coinvolgervi in questo “sì”, ognuno secondo la propria vocazione.
Siamo nella terza parte del discorso in parabole di Gesù. La liturgia ci propone la meditazione di tre mini-parabole con alcune caratteristiche che le distinguono dalle altre, non solo per il genere di racconto, ma perché non hanno la spiegazione: è lasciata all’intuito, alla sapienza dell’ascoltatore. Il brano si concluderà con la ribellione dei concittadini di Gesù e il loro rifiuto nei confronti del Maestro.

La prima parabola paragona il Regno dei Cieli alla fortuna di un agricoltore – probabilmente si tratta di un affittuario o comunque di un contadino che non è proprietario – che, zappando un terreno brullo, pieno di ortiche e di erbacce, inciampa in un tesoro. La parola “tesoro” evoca romanzi, canzoni d’amore, sogni. Quest’uomo è fortunato: arriva a scoprire un tesoro dove meno se lo aspetta. E che fa? Copre tutto, va a casa, racimola tutto quello che ha, lo vende e acquista quel campo. Possiamo immaginare il sarcasmo dei suoi concittadini… Eppure, lui sa che tra quelle ortiche e quei sassi c’è un tesoro. La sottolineatura è sull’astuzia: il Regno dei cieli viene trovato da persone che hanno astuzia e intraprendenza.

Nella seconda parabola si parla di un collezionista che va in cerca di perle preziose. Ne ha molte, ma gli manca quella più originale e, quando va ai mercatini dell’usato, sa vederla tra le cianfrusaglie. Non è solo una perla, ma “la perla”. Allora vende tutto per averla. Qui la sottolineatura è sulla fatica del cercare. Il collezionista compie un esodo, un cammino. Non lascia nulla di intentato.

Nella terza parabola Gesù paragona il Regno dei cieli ad una rete piena di grossi pesci (l’evangelista Matteo preferisce questa espressione anziché “Regno di Dio”, perché scrive agli ebrei che non usano mai il nome di Dio). I discepoli faranno effettivamente l’esperienza di una pesca miracolosa, non tanto come miracolo per mandare avanti l’azienda di Pietro e Andrea, di Giacomo e Giovanni, ma come segno della sovrabbondanza del Regno di Dio.
Tutt’e tre le parabole stanno a dire la grandezza assoluta del Regno di Dio, di fronte al quale tutto il resto viene relativizzato.
La parabola della rete piena di pesci allude anche al momento finale, quando verranno separati i pesci buoni dai pesci cattivi. C’è la ripresa dell’insegnamento della parabola della zizzania, in cui Gesù esortava a lasciare che la zizzania crescesse con il buon grano: Gesù dà un colpo alla botte degli impazienti e una botta al cerchio degli intransigenti. Verrà il tempo del discernimento: è nelle mani del Padrone della messe.
Gesù si rivolge ai discepoli che ha attorno; amo pensare che ci siano anche i Dodici apostoli, con il loro sguardo innamorato, che hanno già fatto l’esperienza della scoperta del tesoro, della perla preziosa, della rete piena di pesci. Allora Gesù li promuove sul campo. «Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Li paragona al bravo scriba che sa cavar fuori le cose antiche, perché sa vedere il Regno promesso nelle antiche scritture, e le cose nuove, perché ne vede il compimento in Gesù.
Nelle tre mini-parabole l’incontro con il Regno di Dio sembra qualcosa di fortuito: questo è detto per sottolineare che si tratta di un dono. D’altra parte, emerge l’invito alla ricerca, alla fatica, all’esodo per sottolineare che occorre una corrispondenza: dono e responsabilità, chiamata e risposta.
Un altro particolare: i personaggi della parabola fanno la ricerca, il cammino, la fatica, ma in vista di un “affare”, per la gioia!
Il contadino è un popolano, mentre il cercatore di perle appare come un borghese: i cammini sono diversi, i punti di partenza sono i più svariati, ma il Regno di Dio è per tutti. Un tema ben richiamato anche nella parabola della rete: i pesci rappresentano la totalità delle persone e la distinzione sarà alla fine. Un invito che Gesù fa a non giudicare: ognuno faccia il suo cammino. Tutti sono candidati al Regno di Dio.

Concludo questa meditazione invitando a conoscere di più la vita dei santi, a vedere come hanno realizzato nella loro vita la ricerca del Regno e come sono stati pieni di gioia: san Francesco d’Assisi, santa Chiara, sant’Ignazio di Loyola… fino ad arrivare ai santi contemporanei, il beato Carlo Acutis, il beato Alberto Marvelli… Persone che hanno fatto “l’affare”, scoprendo il “tesoro” nella vita comune, come il protagonista della prima parabola, che mai avrebbe immaginato che il tesoro fosse in mezzo alle sterpaglie. Ognuno di noi ha le sue “sterpaglie”, ha la sua vita piena di contraddizioni, il suo carattere… Pensiamo alle cadute di Pietro, il principe degli apostoli, così lanciato al seguito di Gesù: sono tramandate nei Vangeli per essere un insegnamento per noi.
L’astuzia, la ricerca, la fatica sono per la gioia di avere un tesoro, una perla preziosa, una grande quantità di pesci. Gesù invita ad osare.
Teresa d’Avila ce lo ricorda continuamente nei suoi scritti.
Faccio notare che il tesoro è nel proprio campo, nel fazzoletto di terra dove vivo, dove ci sono le ortiche, le erbacce, i sassi… Non bisogna pensare che non valga la pena coltivarlo, perché c’è un tesoro nascosto. Dicendo “sì” abbraccio tutta la realtà: il mio tempo, la mia città, il mio carattere… anche le parti di me che non mi piacciono sono il campo dove c’è il tesoro, sono il mercatino delle cianfrusaglie in cui si trova la perla preziosa.
Il viaggio che abbiamo intrapreso verso Lisbona è il “campo dei miracoli”; dobbiamo viverlo in tutti i suoi momenti belli e faticosi, in tutte le situazioni favorevoli e sfavorevoli: qui la promessa di una grande affare.

Prima tappa di avvicinamento a Lisbona

28 luglio 2023

Da un mare all’altro. Dall’Adriatico luccicante di primo mattino, visto dalle terrazze di Borgo Maggiore (RSM), al Mediterraneo che si increspa dolcemente sulla Costa Azzurra nel pomeriggio. È il percorso dei 60 giovani verso Lisbona per la GMG (sul pullman 63 posti). Buona parte dei ragazzi si conoscono già, più difficile per me agganciare, fare conoscenze, imparare nomi. Mi rendo conto dell’abisso fra i miei 75 anni e i loro vent’anni (verrà colmato in qualche modo?). Colgo tanta disponibilità: mi sembra sincera e, in questo, vedo già una prima concretizzazione della parola che costituisce il motivo-guida di questa esperienza: “Maria si alzò e andò in fretta”. Contesto: la fanciulla di Nazaret, dopo l’annuncio del Verbo che si fa uomo nel suo grembo verginale, si mette prontamente in cammino verso la casa di Elisabetta, incinta alla sua età avanzata. Una giovane donna verso una donna matura…
Ai ragazzi è stato raccomandato di far caso a quel complemento di moto a luogo. “Andare verso”: possibilità con infinite sfumature, applicazioni, aperture. Si comincia a vivere con questo stile. L’ho visto nelle cortesie, nell’intreccio delle voci nel canto, nel carico/scarico di zaini enormi…
Stiamo in pullman per una decina di ore (con necessaria apertura di qualche “corridoio umanitario”). La vita nello spazio disponibile è come un piccolo mondo: ci sono cose da raccontare, canzoni da riascoltare, panorami e città da guardare…  La curiosità aumenta varcato il confine Italia-Francia.
C’è il tempo per una preghiera, un Rosario aperto sulla mondialità: “Un Rosario verso”. Ogni decina di Avemarie viene dedicata ad un continente: all’Europa in assetto di guerra, all’Africa così ricca e così depredata, all’Asia misteriosa e alla ribalta, all’America con le sue contraddizioni, all’Oceania, il continente nuovissimo.
Una delle caratteristiche principali della GMG è l’internazionalità. Domenica 6 agosto sono attesi un milione di giovani da tutti i paesi del mondo.

Arriviamo alle 19 a St. Maximin (Saint-Maximin-la-Sainte-Baume), tutto sommato in gran forma. Ci sgranchiamo gambe e spalle raggiungendo la parrocchia cattolica di St. Madeleine. Un gruppo di famiglie, insieme al parroco, ci accoglie festosamente e… subito a tavola: un buffet ricco di verdure fresche, couscous e, inattesi, dieci cabaret di ravioli. Capito a tavola con otto splendide ragazze, vivaci e per niente stanche, nonostante le ore di viaggio.

C’è una sorpresa: un dopo cena culturale. Ci viene accordato il privilegio della visita notturna alla Basilica dedicata a Santa Maria Maddalena, un grandioso tempio in gotico-francese mozzafiato. Nella cripta possiamo fare una preghiera davanti alla reliquia della Santa, una discepola amata da Gesù e divenuta, come ci ricorda il monsignore che ci fa da guida, “Apostola degli apostoli”. Ci interessa relativamente il fondamento storico della tradizione che tramanda i trent’anni penitenti di Maria Maddalena qui in Provenza, nel villaggio della Baume.
Interessante il tentativo di distinguere nei Vangeli le “Marie” che via via compaiono sulla strada di Gesù. «È sempre Maria di Magdala?», ci chiede il Monsignore. Un restauro difficile da fare, ma ci basta vedere nelle tre “Marie” l’itinerario di ogni discepolo: Maria che piange i suoi peccati bagnando i piedi di Gesù con le lacrime e asciugandole con i capelli (conversione); Maria che accoglie Gesù nella sua casa e si mette a servirlo con prodigalità; Maria che lo riconosce risorto e che fa per abbracciarlo mentre viene mandata a portarne l’annuncio.
Scende la notte su questa prima tappa di avvicinamento a Lisbona. Siamo ospiti nelle aule della parrocchia: non ci resta che ringraziare e… dormire.

+ Andrea Turazzi

@pgsanmarinomontefeltro

#smgmg23

In partenza per la GMG

Nell’imminenza della Giornata Mondiale della Gioventù il Vescovo scrive un messaggio di saluto ai 57 giovani in partenza, mentre chiede a tutti un ricordo speciale nella preghiera.
Speriamo sia un travaso di entusiasmo per tutta la nostra Diocesi!

Omelia nella XVI domenica del Tempo Ordinario

San Marino Città (RSM), chiesa dei Santi Pietro, Marino e Leone, 23 luglio 2023

Sap 12,13.16-19
Sal 85
Rm 8,26-27
Mt 13,24-43

In mezzo al grano cresce e matura la zizzania… chi l’ha seminata? Dietro un semplice racconto che parla di campi e di sementi è nascosto il segreto del nostro mondo e del Regno di Dio.
Quella del grano e della zizzania è la parabola che più di tutte apre il cuore alla prospettiva futura, alla vittoria finale del bene sul male, anche se il male è tanto avvolgente. Nessun campo è al riparo dalla zizzania. È ingenuo voler tracciare una linea di demarcazione: fuori i cattivi/dentro i buoni, oppure immaginare che saremo liberi, dentro di noi, dalla cattiveria, che non avremo fallimenti, che non incontreremo motivi di dolerci… Ci sono bellezza e sporcizia, amore e odio…
Può darsi che Gesù abbia tratto ispirazione per comporre questa parabola da un banale episodio di gelosia fra contadini o forse, più verosimilmente, dalla insoddisfazione di qualcuno dei suoi discepoli. Chi di noi è esente da amarezze? E forse c’è anche il tocco dell’evangelista Matteo, che vuole prevenire i delusi che, non vedendo sfolgoranti trionfi del Regno di Dio, ma solo i suoi umili inizi, le sue modeste performance, la sua scarsa incidenza, sono tentati di gridare al fallimento.
Punto focale della parabola è il contrasto tra il modo di reagire dei servi e quello del buon coltivatore. I servi propongono una soluzione radicale: cavar via subito la zizzania. Il padrone lascia, invece, che il bene e il male crescano insieme. Solo alla fine trionferà il bene, ma dovrà farsi strada nella libertà. L’impazienza messianica dei giusti pretende che subito, già ora, il Regno di Dio nella sua fase terrena coincida con una comunità di perfetti, separata dai peccatori, ben arroccata nella “cittadella dei buoni”.
Succede anche a noi con noi stessi di essere impazienti, intolleranti. Gesù, ai servi che vogliono estirpare la zizzania, risponde: «No, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano». Ci deve essere, dunque, rassegnazione al dilagare del male? No, il male è male, il bene è bene. Ma non ci devono essere intolleranze. Con questo non si tratta di negare la zizzania, ma ricordare che Dio vuole debellare la malattia e salvare il malato. Il Signore sradicherà la zizzania, ma solo alla fine – dice la parabola –, dopo averle provate tutte per redimerla. Il Padre vuole salvare tutti i suoi figli e ognuno, se si lascia toccare dalla sua Parola, può entrare fra quei giusti che «splenderanno come il sole nel Regno». Dunque, con una buona coltivazione la zizzania può diventare buon grano. È stato così per Zaccheo, per la Maddalena, per la Samaritana, per san Paolo, perfino per il ladrone crocifisso accanto a Gesù… Perché non potrebbe essere così anche per la nostra comunità e per ciascuno di noi?
Se la parabola evangelica insiste tanto sulla pazienza, noi possiamo applicare questo atteggiamento all’incontro fra le generazioni, un suggerimento fondamentale per questa Giornata dei nonni e degli anziani. Per i giovani in partenza per la GMG e per i nonni identico il messaggio: «Per meglio accogliere lo stile dell’agire di Dio ricordiamo che il tempo va abitato nella sua pienezza, perché le realtà più grandi e i sogni più belli non si realizzano in un attimo – c’è la logica del buon grano e della zizzania – ma attraverso una crescita e una maturazione. Il progetto di Dio attraverso il passato, il presente e il futuro, abbraccia, mette in collegamento, le generazioni» (Messaggio di Papa Francesco per la III Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani). Il tema che il Papa ha assegnato a questa Giornata è un versetto del Magnificat (il canto di Maria nel momento dell’incontro fra lei, la giovane fanciulla di Nazaret, ed Elisabetta, la cugina ormai anziana, in gravidanza ai tempi supplementari): “Di generazione in generazione la sua misericordia”. E’ la stessa icona che papa Francesco mette davanti ai giovani.

Ripercorro un testo del cardinale Martini, arcivescovo di Milano e grande studioso della Bibbia, che riferisce e commenta un proverbio indiano che parla di quattro stadi nella vita dell’uomo. Il primo stadio è quello nel quale si impara; nel secondo si insegna e ci si mette a servizio degli altri, mettendo a disposizione ciò che si è imparato; nel terzo si va nel bosco: è lo stadio del silenzio, della riflessione, del ripensamento. «Credo che quando si aprirà per me il terzo stadio – scrive il Cardinale – ritirandomi nel bosco potrò ripensare e riordinare con gratitudine tutte le cose che ho ricevuto, le persone che ho incontrato, gli stimoli che mi sono stati dati e che non hanno avuto l’opportunità di essere elaborati». Il quarto stadio è molto significativo per la mistica e per l’ascesi indù, ma anche per noi: in esso si impara a mendicare. È il tempo in cui si impara la mendicità: è lo stadio del dipendere dagli altri. Saper essere mendicanti, accettare di aver bisogno degli altri è la povertà radicale ed è il sommo della vita ascetica. «È lo stadio del dipendere da altri, quello che non vorremmo mai, ma che viene, al quale dobbiamo prepararci» (C.M. Martini, Discorso alla Fondazione Ambrosianum, 17 maggio 2002).
Concludo invitando tutti a pregare per noi anziani, per tutti i nonni, mentre assicuriamo la preghiera per i ragazzi e per i giovani: ci incontreremo in questo abbraccio ideale tra Maria ed Elisabetta, un abbraccio che può diventare concreto in questi giorni, incontrandoci e donando ognuno il meglio, da una generazione all’altra.

Discorso nel conferimento della cura pastorale delle parrocchie di Mercatino Conca e di Monte Cerignone a don Sante Celli

Mercatino Conca (PU), 22 luglio 2023

XVI domenica del Tempo Ordinario

Sap 12,13.16-19
Sal 85
Rm 8,26-27
Mt 13,24-43

La parabola racconta di un uomo che ha seminato del grano buono nel suo campo. Il Seminatore sei tu, Signore. Il campo è il mondo. Tuo campo sono gli uomini. Tuo campo è il nostro cuore. Tu non sei soltanto il Seminatore, ti sei fatto coltivatore. Questo è per noi motivo di fiducia. Tu sei il Signore di questo mondo e dei nostri cuori.
Diventando uomo in mezzo a noi, sei venuto come coltivatore del tuo campo per portarlo a produrre frutti buoni. E tu, Signore, ci vuoi associare al tuo lavoro, vuoi fare di noi tuoi collaboratori. Allora, l’importante per compiere bene l’opera che ci affidi è avere fiducia in te, totalmente. Tu conosci meglio di noi il campo, conosci l’opera da compiere e conosci noi, tuoi collaboratori.
C’è zizzania nel campo, Signore. Tu sei un coltivatore realista, concreto, tu sai che nella creazione non c’è un terreno perfetto. Solo Dio è perfetto. Tu, Signore, non ti stupisci di scoprire che c’è zizzania. Ci inviti a condividere la tua pazienza, ad accettare la zizzania che vediamo negli altri, che forse è la più sopportabile, ma anche la zizzania che è in noi e che ci è insopportabile: sono i nostri limiti, i nostri sbagli, le nostre miserie. Ci fai entrare nell’amore di un Padre che è paziente e vuole che tutti arrivino alla conversione. Con una buona “agricoltura” la zizzania può diventare buon grano. È stato così per Zaccheo, per Maria di Magdala, che oggi festeggiamo, per la Samaritana, che aveva cinque mariti ed è diventata apostola del Vangelo, per il buon ladrone, per san Paolo… perché non potrebbe essere così anche per noi?
Ti preghiamo, Signore, per don Sante, che inizia oggi il suo ministero in Val Conca, a Mercatino Conca e a Monte Cerignone. Tu che lo hai scelto e voluto come tuo collaboratore e sacerdote nel campo della Chiesa e nella “squadra presbiterale” di questa cara Diocesi, dagli forza, coraggio, fiducia.
Ti preghiamo per don Marino e don Erminio; con il loro passaggio ci hanno fatto capire che solo tu sei il Buon Pastore; noi sacerdoti ti abbiamo dato il nostro cuore, la nostra intelligenza, le nostre mani e i nostri piedi per essere al tuo servizio, ma sei tu il Buon Pastore.
Benedici le comunità da cui don Sante proviene, comunità alle quali il Signore ha già provveduto ad inviare un nuovo pastore e alle quali tu, Signore, farai sentire la tua tenerezza.
Ti preghiamo, Signore, per le comunità cristiane della Val Conca, che si avviano – sono pioniere in questo – a costituire una vera unità pastorale.
Rendici docili, fa comprendere a tutti noi sacerdoti, religiosi, laici, le nuove sfide davanti alle quali tu, Signore, poni la tua Chiesa.
Il campo è il tuo campo, tu vegli su di lui. Il seme è il tuo seme e questo per noi è motivo di fiducia. E noi? Noi siamo tuoi e questo ci basta. Così sia.

Esercizi spirituali ignaziani

Il Vescovo desidera informare che la Diocesi organizza anche quest’anno un corso di Esercizi Spirituali “ignaziani” di cui tutti possono avvalersi, dal 24 al 27 agosto presso il Seminario di Pennabilli (pernottamento presso l’albergo “Il parco”).

Il corso sarà guidato da padre Davide Saporiti, educatore dei novizi della Compagnia di Gesù (Gesuiti).

Le iscrizioni si ricevono presso la Curia vescovile entro il 15 agosto (cell. 335.6540190; e-mail: loris.tonini@diocesi-sanmarino-montefeltro.it).

La quota è di € 60 al giorno comprensiva di vitto e alloggio in camera singola (€ 55 in camera doppia). La partecipazione deve essere continuativa per tutta la durata del corso.

Omelia nella XV domenica del Tempo Ordinario

Basilica di Santa Maria di Piè di Chienti (MC), 16 luglio 2023

Is 55,10-11
Sal 64
Rm 8,18-23
Mt 13,1-9

Il diacono ha letto la forma breve della lettura liturgica del Vangelo di oggi: non per brevità, ma per concentrarci nella prima parte del testo, dove il protagonista è il Seminatore, Gesù (nella seconda parte – spiegazione della parabola – è il seme).
Permettetemi due premesse. Se fossimo dei contemporanei di Gesù rimarremo colpiti dal verbo “uscire”. Per gli ebrei il verbo “uscire” aggregava tanti riferimenti e pensieri: principalmente il pensiero dell’esodo, l’uscita dalla schiavitù verso la libertà, verso la terra promessa. Se sfogliamo il libro della Sapienza, troviamo l’allusione all’uscita del Verbo di Dio che diventa creazione. Gesù – ci fa capire l’evangelista Matteo – è tutt’altro che un “casalingo” (anche se è stato trent’anni a Nazaret per vivere le nostre giornate). Ci viene “raccontato” come colui che “esce” e “incontra”. Prima ancora sappiamo che Gesù è uscito dal seno del Padre e si è incarnato: questa è la sua “grande giornata”. Gesù –racconta l’evangelista – “quel giorno” esce di casa, si dirige verso il lago e comincia a seminare: è il ritratto di Gesù, il Seminatore.
Seconda premessa: Gesù è andato sulla barca. La barca dà l’idea dell’insicurezza; sulla barca si traballa, ci si affida, in fondo, ad un guscio di noce che galleggia. Gesù sale sulla barca, accetta la sfida di questo tipo di “uscita”. La gente, invece, sta sulla terraferma, con i piedi ben piantati, alla ricerca di sicurezza. Gesù questa mattina dice: «Fidati di me». Ognuno di noi ha nel cuore qualche decisione da prendere, qualche discorso avviato con se stesso e da concludere. Il Vangelo ci sta dicendo: «Non avere paura, non restare a tutti i costi sulla terraferma, fidati di Gesù, non ti lascerà andare a picco. Ascoltalo e seguilo».

Quella mattina, sulle rive del lago di Galilea, c’è tanta gente attorno a Gesù. Molti sono lì per curiosità, alcuni lo ascoltano distrattamente, qualcuno non si lascia toccare dal suo insegnamento; c’è anche chi pensa: voglio vedere se dice cose giuste oppure se c’è un appiglio per contestarlo. C’è anche il volto raggiante dei Dodici apostoli che hanno lasciato tutto per lui, hanno lasciato la terraferma e le sue sicurezze, per stare con il Maestro.
La parabola che Gesù racconterà tiene conto della varietà dei suoi ascoltatori. Gesù parla di molte cose in parabole; gli apostoli ne sono stupiti e chiedono spiegazione. Gesù risponde che, quando ha parlato senza veli, tante persone sono rimaste sulla difensiva: «Pur udendo non odono e non comprendono…». Allora prova con le parabole: chissà che non comincino a riflettere, ad interrogarsi, attirati dal racconto. Le parabole sono una forma di comunicazione volta a scalfire i cuori, a creare stupore e domande in chi ascolta. Quelle che racconta Gesù sono parabole a volte paradossali. Mio padre, ad esempio, quando tornava dalla Messa domenicale, dopo aver ascoltato il commento del parroco, talvolta non era d’accordo con Gesù, soprattutto con la parabola degli operai dell’ultima ora pagati come quelli della prima, oppure con quella del figliuol prodigo… Era bello che mio papà uscisse di chiesa con delle domande, con del disappunto: la parabola aveva funzionato, perché aveva creato – come si dice in linguaggio calcistico – un tackle, un contrasto. La parabola deve interrogare, smuovere, far prendere posizione: è performativa.
Gesù, nel tentativo di aprire i cuori ai misteri del Regno, usa appunto il metodo parabolico. La prima parabola che racconta – ne leggeremo sette nel mese di luglio – viene detta “la parabola del seminatore”. È un autoritratto: è Lui che semina la Parola con generosità, senza risparmio né calcolo, pur vedendo che gran parte del seme va perso sulla strada, sul terreno sassoso, sui rovi, ma anche sulla terra buona. Io, ciascuno di noi, siamo contemporaneamente strada, terreno sassoso, ciglio del campo su cui crescono i rovi e terra buona… Anche la Chiesa di oggi è terra buona, terreno sassoso, campo con le spine, strada, ma Gesù le affida il seme della sua Parola. Così è questo nostro tempo… Ma il Seminatore c’è ancora. Consideriamo i fiumi di Eucaristia che scorrono ad irrorare questo nostro tempo. Così ci fa pregare un Salmo: «Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio» (Sal 46,5). L’Eucaristia è la grande risorsa della Chiesa. Attraverso l’Eucaristia – tema per il nostro cammino – il Signore continua a seminare del “buon grano”, con abbondanza e prodigalità. Anche se il mondo non se ne accorge… Se la Chiesa si propone di mettere l’Eucaristia al centro e sta in adorazione del suo Signore, offre la testimonianza più necessaria, più utile e più bella. Si potrebbe pensare anche a quanta seminagione vada perduta… La seminagione piena di frutti deve passare anche attraverso il mistero del rifiuto, il mistero che è dentro di me, nella Chiesa e nel nostro tempo. «Signore, rendi solidi la nostra fede e l’amore dei nostri cuori così instabili e fragili. Trasforma in cuori di carne i nostri cuori di pietra» (Ez 11,19). «Signore, aiutaci a cogliere i semi del Verbo – come dicevano gli antichi Padri – che sono sparsi dappertutto. Rendici consapevoli di quanto il mondo sia gravido della tua seminagione». Le filosofie e le religioni contengono i semi del Verbo. Ci fu una stagione meravigliosa nella storia della Chiesa in cui la comunità cristiana sentiva la missione di far sbocciare questi semi, cioè l’urgenza ad inculturare il Vangelo.
Grazie Gesù! Entriamo nella settimana con la certezza che tu sei Seminatore infallibile. Anche noi dobbiamo seminare: guai avvilirsi! Così devono sentire i genitori, gli insegnanti, le forze dell’ordine: continuare a seminare per il meglio di tutti noi. Così sia.