Avila (Spagna), 30 luglio 2023
1Re 3,5.7-12
Sal 118
Rm 8,28-30
Mt 13,44-52
Provo una grande emozione ad essere qui, nella chiesa dove santa Teresa è stata battezzata. È un’emozione anche perché ho dedicato molte lezioni agli studenti su questa grande maestra spirituale.
Seguendo la lettura del Vangelo mi viene desiderio, insieme con voi, di rinnovare il “sì” a Gesù. Mi piacerebbe coinvolgervi in questo “sì”, ognuno secondo la propria vocazione.
Siamo nella terza parte del discorso in parabole di Gesù. La liturgia ci propone la meditazione di tre mini-parabole con alcune caratteristiche che le distinguono dalle altre, non solo per il genere di racconto, ma perché non hanno la spiegazione: è lasciata all’intuito, alla sapienza dell’ascoltatore. Il brano si concluderà con la ribellione dei concittadini di Gesù e il loro rifiuto nei confronti del Maestro.
La prima parabola paragona il Regno dei Cieli alla fortuna di un agricoltore – probabilmente si tratta di un affittuario o comunque di un contadino che non è proprietario – che, zappando un terreno brullo, pieno di ortiche e di erbacce, inciampa in un tesoro. La parola “tesoro” evoca romanzi, canzoni d’amore, sogni. Quest’uomo è fortunato: arriva a scoprire un tesoro dove meno se lo aspetta. E che fa? Copre tutto, va a casa, racimola tutto quello che ha, lo vende e acquista quel campo. Possiamo immaginare il sarcasmo dei suoi concittadini… Eppure, lui sa che tra quelle ortiche e quei sassi c’è un tesoro. La sottolineatura è sull’astuzia: il Regno dei cieli viene trovato da persone che hanno astuzia e intraprendenza.
Nella seconda parabola si parla di un collezionista che va in cerca di perle preziose. Ne ha molte, ma gli manca quella più originale e, quando va ai mercatini dell’usato, sa vederla tra le cianfrusaglie. Non è solo una perla, ma “la perla”. Allora vende tutto per averla. Qui la sottolineatura è sulla fatica del cercare. Il collezionista compie un esodo, un cammino. Non lascia nulla di intentato.
Nella terza parabola Gesù paragona il Regno dei cieli ad una rete piena di grossi pesci (l’evangelista Matteo preferisce questa espressione anziché “Regno di Dio”, perché scrive agli ebrei che non usano mai il nome di Dio). I discepoli faranno effettivamente l’esperienza di una pesca miracolosa, non tanto come miracolo per mandare avanti l’azienda di Pietro e Andrea, di Giacomo e Giovanni, ma come segno della sovrabbondanza del Regno di Dio.
Tutt’e tre le parabole stanno a dire la grandezza assoluta del Regno di Dio, di fronte al quale tutto il resto viene relativizzato.
La parabola della rete piena di pesci allude anche al momento finale, quando verranno separati i pesci buoni dai pesci cattivi. C’è la ripresa dell’insegnamento della parabola della zizzania, in cui Gesù esortava a lasciare che la zizzania crescesse con il buon grano: Gesù dà un colpo alla botte degli impazienti e una botta al cerchio degli intransigenti. Verrà il tempo del discernimento: è nelle mani del Padrone della messe.
Gesù si rivolge ai discepoli che ha attorno; amo pensare che ci siano anche i Dodici apostoli, con il loro sguardo innamorato, che hanno già fatto l’esperienza della scoperta del tesoro, della perla preziosa, della rete piena di pesci. Allora Gesù li promuove sul campo. «Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Li paragona al bravo scriba che sa cavar fuori le cose antiche, perché sa vedere il Regno promesso nelle antiche scritture, e le cose nuove, perché ne vede il compimento in Gesù.
Nelle tre mini-parabole l’incontro con il Regno di Dio sembra qualcosa di fortuito: questo è detto per sottolineare che si tratta di un dono. D’altra parte, emerge l’invito alla ricerca, alla fatica, all’esodo per sottolineare che occorre una corrispondenza: dono e responsabilità, chiamata e risposta.
Un altro particolare: i personaggi della parabola fanno la ricerca, il cammino, la fatica, ma in vista di un “affare”, per la gioia!
Il contadino è un popolano, mentre il cercatore di perle appare come un borghese: i cammini sono diversi, i punti di partenza sono i più svariati, ma il Regno di Dio è per tutti. Un tema ben richiamato anche nella parabola della rete: i pesci rappresentano la totalità delle persone e la distinzione sarà alla fine. Un invito che Gesù fa a non giudicare: ognuno faccia il suo cammino. Tutti sono candidati al Regno di Dio.
Concludo questa meditazione invitando a conoscere di più la vita dei santi, a vedere come hanno realizzato nella loro vita la ricerca del Regno e come sono stati pieni di gioia: san Francesco d’Assisi, santa Chiara, sant’Ignazio di Loyola… fino ad arrivare ai santi contemporanei, il beato Carlo Acutis, il beato Alberto Marvelli… Persone che hanno fatto “l’affare”, scoprendo il “tesoro” nella vita comune, come il protagonista della prima parabola, che mai avrebbe immaginato che il tesoro fosse in mezzo alle sterpaglie. Ognuno di noi ha le sue “sterpaglie”, ha la sua vita piena di contraddizioni, il suo carattere… Pensiamo alle cadute di Pietro, il principe degli apostoli, così lanciato al seguito di Gesù: sono tramandate nei Vangeli per essere un insegnamento per noi.
L’astuzia, la ricerca, la fatica sono per la gioia di avere un tesoro, una perla preziosa, una grande quantità di pesci. Gesù invita ad osare.
Teresa d’Avila ce lo ricorda continuamente nei suoi scritti.
Faccio notare che il tesoro è nel proprio campo, nel fazzoletto di terra dove vivo, dove ci sono le ortiche, le erbacce, i sassi… Non bisogna pensare che non valga la pena coltivarlo, perché c’è un tesoro nascosto. Dicendo “sì” abbraccio tutta la realtà: il mio tempo, la mia città, il mio carattere… anche le parti di me che non mi piacciono sono il campo dove c’è il tesoro, sono il mercatino delle cianfrusaglie in cui si trova la perla preziosa.
Il viaggio che abbiamo intrapreso verso Lisbona è il “campo dei miracoli”; dobbiamo viverlo in tutti i suoi momenti belli e faticosi, in tutte le situazioni favorevoli e sfavorevoli: qui la promessa di una grande affare.