Omelia nella Festa del Battesimo del Signore

Pieve di Carpegna (PU), 8 gennaio 2023

Istituzione Lettorato e Accolitato
a fra Giovanni Magini, fra Martino Ellis, fra Gabriele Graziani

Is 42,1-4.6-7
Sal 28
At 10,34-38
Mt 3,13-17

Questa domenica abbiamo ascoltato le prime parole uscite dalle labbra di Gesù secondo il Vangelo di Matteo. Matteo ci ha presentato Gesù bambino sulle ginocchia di Maria, un Gesù adorato e beneficato dai magi, rappresentanti di tutto il genere umano. Adesso Gesù arriva sulla scena e finalmente udiamo la sua prima parola.
Oggi ricordiamo il battesimo del Signore. Gesù scende sulle rive del fiume Giordano. Il lettore antico (forse anche noi moderni) immediatamente collega questo avvenimento con un altro passaggio accaduto proprio sulle rive del fiume Giordano: l’ingresso nella terra promessa. Il popolo d’Israele veniva da quarant’anni di peregrinazione nel deserto, un luogo arido, minacciato dall’arsura e da serpenti e scorpioni. Ma fu un tempo educativo: i quarant’anni nel deserto non sono un castigo, ma sono il momento in cui il popolo d’Israele viene preso per mano dal Signore che lo guida, lo educa, gli dà la legge (le “dieci parole”). Quando Matteo racconta che Gesù scende da Nazaret, arriva al fiume Giordano e fa il suo ingresso, ci richiama tutta questa realtà stupenda. I primi lettori cristiani – Matteo scrive 80 anni dopo la nascita di Gesù – pensano al loro rito di ingresso; anche i cristiani fanno “un passaggio”, ricevendo il battesimo, attraverso l’acqua, sia pure simbolicamente, ma si tratta di un passaggio reale. San Paolo, nel 50 d.C, aveva già sviluppato la teologia del battesimo (cfr. Lettera ai Romani), approfondendo che cos’è il battesimo per un cristiano, però si trova in difficoltà, perché nella lingua ebraica, con il termine tabal si intendevano i riti di abluzione, che si compivano prima dei pasti, o in momenti importanti della vita, oppure quando si andava in sinagoga (dagli scavi archeologici si è osservata la presenza di vasche o piscine  usate per la purificazione, ad esempio delle donne nel periodo dell’impurità oppure degli adulti, quando avevano avuto contatti con un morto, oppure, per qualunque motivo, sentivano il bisogno della purità rituale. Ma il battesimo era un’altra cosa, c’era qualcosa di più, qualcosa di sublime, di ontologico, cioè che riguardava l’essere; non si trattava di una semplice purificazione per rimuovere lo sporco in senso moralistico. A quel tempo l’aramaico era parlato solo in Palestina, ma i cristiani – ormai erano diventati tanti – parlavano il greco (basti pensare alle chiese dell’attuale Turchia, del Nord Africa e a Roma). Per indicare il battesimo adoperano una parola nuova, la parola baptisma, dal verbo greco bapto, che ha a che fare con l’acqua, ma non significa semplicemente purificazione. In questa parola c’è un rimando all’acqua come luogo di morte, perché nell’acqua affoghi, puoi morire. Il battesimo è essere tuffati, immersi, nella morte, non per restarci, ma per risorgere, proprio come è accaduto a Gesù. Per lui entrare nella morte equivale al dono di sé, gradito al Padre, che vuole che i suoi figli amino fino al punto di donarsi, di perdersi. La risurrezione è il segno dell’approvazione del Padre. L’invito è ad andare fino al fondo della propria morte e capire che in quel fondo, lì dove si ha paura di essere abbandonati, di essere soli, proprio lì si incontra il Signore. Il Signore è morto per aspettarci, perché vuole che in quel momento noi sentiamo la sua presenza e perché – se ci fidiamo – si dà il momento più importante della nostra vita.

Matteo ci racconta il battesimo come annuncio di una cosa meravigliosa: morte e risurrezione di Gesù, morte e risurrezione per noi cristiani. Matteo vuol far capire al lettore che quando morirà, in quel momento entrerà nella Pasqua di Gesù. Non dobbiamo pensare solo alla morte fisica come fine della vita, ci sono tante altre esperienze di morte che facciamo. Ad esempio, quella di amare; tante volte per amare bisogna fare un passo indietro, dimenticare se stessi, fare spazio all’altro. Poi ci sono i momenti di fallimento. Il Signore ti aspetta proprio lì. Non ti deluderà.

Finalmente vengo alla prima parola che esce dalle labbra del Signore: «Lascia fare…». Lascia fare al Signore. Questa parola è stata detta anche altre volte nelle Scritture, ma qui acquista una solennità particolare. Ad esempio, quando Pietro, davanti a Gesù che gli sta lavando i piedi, dice: «Signore, tu lavi i piedi a me?» e Gesù risponde: «Lascia fare…» (cfr. Gv 13,6-7). Oppure quando, nella cena di Betania, mentre Marta serve, Maria prende un vaso di nardo preziosissimo (un profumo raro anche ai nostri giorni, coltivato nel Tibet), lo rompe (non ha fatto uscire solo qualche goccia come facciamo noi con i profumi!) e Giuda esclama: «Che spreco!». Gesù replica: «Lasciala fare…» (cfr. Mc 14,4-6). Lasciar fare a Dio.
Fra Giovanni, fra Martino e fra Gabriele, con i quali stiamo pregando stamattina, ci ricordano che è bello lasciar fare a Dio. Anche quelli tra voi che vivono l’esperienza stupenda del matrimonio possono testimoniare com’è bello lasciar fare a Dio. Ogni battezzato deve proclamare che è bello lasciar fare a Dio.

Questi monaci verranno istituiti con il ministero del Lettorato e dell’Accolitato. Al Lettore la Chiesa consegna i Santi Libri (nel passato i cristiani sono stati messi a morte perché i pagani volevano entrare in possesso dei libri sacri; alcuni cristiani li hanno consegnati e sono stati chiamati “traditori” (traditores), nel senso di “chi consegna”. Noi vogliamo essere “traditori” in senso buono, trasmettitori della Parola del Signore, da amare, baciare, venerare, incensare, onorare, ma soprattutto vivere, permettendo che la Parola dentro di noi ci prenda per mano: «Lasciar fare alla Parola». Quando leggi il Vangelo e lo vivi ti trasforma in un altro Gesù.
Gli stessi verranno istituiti ministri dell’Altare, Accoliti (dal verbo greco che significa “camminare attorno” all’altare). Li vedremo servire all’Altare con una grazia particolare (ci sono altri ministri che servono l’Altare, ma loro lo faranno con una grazia speciale). Avranno la consegna di accostarsi all’Eucaristia e potranno, quando non c’è il sacerdote o in aiuto al sacerdote, distribuire l’Eucaristia ai fedeli.
Lasciamo fare a Dio.

Folla, raccoglimento e ricordi…

Riceviamo e pubblichiamo un messaggio del Vescovo Andrea dopo la S.Messa per le Esequie di papa Benedetto XVI.

Carissimi,
sto tornando dalla liturgia funebre per papa Benedetto XVI.
Folla, raccoglimento e ricordi… Grande emozione spirituale.
Mi tornavano alla mente continuamente le ultime parole “comprensibili” di Benedetto pronunciate con un fil di voce: “Gesù, ti amo”.
Vorrei potessimo dire tutti così in questo momento.
Sono parole piene di tenerezza, che acquistano un significato particolare sulle labbra di una persona così profonda e acuta razionalmente.
Gesù Cristo è stato il suo Tutto. È guardando e amando Gesù che troviamo l’unità.
Ci sono momenti nei quali la Chiesa appare divinamente bella.
Ci vorrà tempo per approfondire il magistero e la portata storica del pontificato di papa Benedetto XVI, comprese le difficoltà.
Consiglio a tutti di riascoltare (o rileggere) l’omelia di papa Francesco: “Pascere è amare. Amare vuol dire essere pronti a soffrire”.
Ho pregato tanto per la Chiesa e per la nostra amata Diocesi di San Marino-Montefeltro.
Vescovo Andrea

Anno di preghiera per le vocazioni

Il Vescovo Andrea ha indetto un anno di particolare attenzione e preghiera per le vocazioni nell’anno che ha come obiettivo pastorale quello di diventare costruttori sempre più generosi e qualificati di comunità: “Signore, cosa vuoi che io faccia?”.
Oltre al decreto di indizione, valido a partire dalla festa del Battesimo del Signore domenica 8 gennaio 2023, si pubblica il testo di una preghiera da intonare al termine delle Messe festive e prefestive.
Con queste parole il Vescovo invita tutti alla preghiera: “Abbiamo bisogno di famiglie cristiane e presbiteri, guide forti e amabili per il servizio alla Parola, al Sacramento e alla comunione. Non può venir meno nelle nostre comunità la risposta coraggiosa al Signore di giovani e ragazze per una radicale vita di consacrazione, di testimonianza per il Regno dei cieli e di servizio ai poveri e ai piccoli”.

Scarica il decreto vescovile

Scarica la preghiera per le vocazioni

 

S.Messa per le Esequie di papa Benedetto XVI

Riceviamo e pubblichiamo un breve messaggio del Vescovo Andrea in viaggio verso Roma in occasione dei funerali di papa Benedetto XVI.

Carissimi tutti,
sono in viaggio per Roma: porto la preghiera, la gratitudine e l’affetto di tutti per Benedetto XVI.
Gli dobbiamo tantissimo: ci è stato maestro, padre e amico.
Ce lo ha mostrato anche con la visita alla nostra diocesi: un giorno intero!
Che dal Cielo ci ottenga di amare il Signore Gesù con la tenerezza e la profondità con cui l’ha amato lui… O almeno un poco!
Vi benedico,
Vescovo Andrea

Pellegrinaggio diocesano ad Arbe

Ecco un invito attraente, un’opportunità unica, un’esperienza straordinaria: andare pellegrini sui luoghi che hanno dato i natali al santo Marino, fondatore della città-stato che porta il suo nome, la Repubblica di San Marino.
Da anni la Diocesi non organizza una visita alla stupenda isola di Arbe, adagiata sull’Adriatico, nella costa croata.
Questo viaggio è anzitutto un gesto di gratitudine, quasi una restituzione per il dono che Marino, insieme a Leone, ha fatto alle nostre genti portando “la gioia del Vangelo”.
Sarà un’esperienza forte di fede, ne abbiamo bisogno per questi giorni difficili, e – perché no? – un tornare alle radici da cui è nato un popolo credente, laborioso, libero ed ospitale.
Si vivrà un tuffo nell’incanto della primavera croata: splendidi paesaggi, verdi pendii declinanti su spiagge assolate. Ci sarà tempo per una visita ai centri storici, accompagnati da guide esperte, per conoscere storia e cultura di un popolo che sta di fronte a noi ma… al di là del mare! È previsto l’incontro con personalità importanti e la possibilità di pregare nell’antica Cattedrale.
Torneremo a casa più amici perché il viaggio offrirà tante occasioni di dialogo, di scoperta di nuove amicizie e di condivisione.
… Un invito da cogliere. Un’opportunità da sfruttare. Un’esperienza da non perdere.+

+ Andrea Turazzi

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