Pennabilli (RN), Cattedrale, 10 aprile 2020
Is 52,13- 53,12
Sal 30
Eb 4,14-16; 5,7-9
Gv 18,1- 19,42
Di fronte a Gesù, che patisce e muore sulla croce, c’è un interlocutore. È l’umanità che nell’orazione del lunedì santo ha pregato così: «Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale». Umanità poi redenta. Questa umanità, tutta intera, come un sol uomo, è rappresentata dal malfattore che confessa il suo peccato e la gloria di Cristo e perciò riceve la promessa di essere con lui in paradiso: «Oggi». Notate: l’ultimo colloquio di Gesù sulla terra è con un malfattore. L’ultimo che parla, tra noi umani, al Gesù terreno è questo malfattore. Il racconto del “buon ladrone”, di per sé, è proprio dell’evangelista Luca; noi, invece, abbiamo ascoltato il racconto giovanneo della Passione, ma anche in esso non è ignorata del tutto la presenza dei due malfattori (cfr. Gv 19,18). È una sottolineatura – questa che ora mi accingo a commentare – della liturgia e della pietà orientali, che incentrano la meditazione su questo “compagno di via” che il Signore Gesù si è scelto. Egli è compagno sulla via della croce, e poi sulla via del Regno. L’ultima parola con la quale si chiude il racconto della crocifissione e si delinea l’attesa della risurrezione è appunto la memoria del ladro e la speranza di essere ricordato dal Signore nel suo Regno. «Ricordati di me, Gesù, nel tuo Regno» (cfr. Lc 23,42): questa esclamazione orante ritorna continuamente nella liturgia orientale, liturgia che proclama il ladrone come ladro fedele, ladro riconoscente, ladro teologo, ladro giusto. Quattro aggettivi che possono benissimo qualificare ciascuno di noi.
Ladro fedele. Come lui, anche noi – non per i nostri meriti ma per la meraviglia della elezione divina – siamo divenuti discepoli: i fedeli di Gesù. Il Signore ci ha raccolti fra i “rottami” di questa umanità nel momento della resa dei conti: ogni momento lo è, in qualche modo. Ce lo siamo trovati al nostro fianco e ci ha ammessi alla sua compagnia; egli fa delle nostre membra – se lo vogliamo – membra di redenzione con le sue.
Rimaniamo sempre molto stupiti da questa coincidenza: com’è accaduto l’incontro fra Gesù e il ladrone? Perché proprio in quel giorno, in quell’ora, in quel momento? Un caso? Una cosa così importante non può accadere per caso. È un dono!
Ladro riconoscente. Come il ladro, anche noi vogliamo essere riconoscenti per il dono che abbiamo ricevuto. Come il lebbroso risanato, torniamo sui nostri passi per dire grazie. Il profeta denunciava quanti non sapevano essere riconoscenti e grati: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il proprietario e l’asino le greppie del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende» (Is 1,2-3). Questa è l’ingratitudine. Quel ladro è riconoscente. E noi?
Ladro teologo. È teologo perché sa vedere nel Crocifisso – ridotto come un verme, insanguinato, deriso, torturato – il Messia Re, il Signore. Penetra, intuisce il mistero salvifico della crocifissione; va oltre le apparenze ed entra nella verità di quella crocifissione. La liturgia orientale fa pregare così tutti i giorni all’Ora nona: «La tua croce, o Cristo, in mezzo ai due ladri fu come una bilancia di giustizia; l’uno fu trascinato nell’Ade dal peso della bestemmia, l’altro, alleggerito dai peccati, fu guidato alla conoscenza della teologia. O Cristo, Dio, gloria a te».
La liturgia orientale azzarda un confronto fra il ladro e Pietro. «Pietro – continua la liturgia – ti ha rinnegato, mentre il ladro gridava “Ricordati di me, o Signore, nel tuo Regno”». Questo confronto è molto illuminante. Pietro aveva ragione a fondare la sua fiducia sulla rivelazione del mistero di Gesù, che gli era stato svelato «non dalla carne e dal sangue, ma dal Padre» (Mt 16,17). Ma, fin da Cesarea di Filippo, Pietro aveva patito lo scandalo della croce. Eppure, non si può confessare autenticamente la divinità di Gesù senza confessare insieme il mistero della sua passione, morte e risurrezione. Pietro e gli altri amici fuggono e cadono, ma non tanto per viltà o per debolezza, quanto per lo scandalo della croce di Cristo, della sconfitta.
Ladro giusto. Compiuto l’atto di fede, il ladro ottiene la salvezza, la giustificazione, e diventa il tipo di tutta l’umanità salvata, non per le opere giuste da noi compiute, ma per la misericordia del Signore, attraverso il lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito nel sangue di Cristo. Oggi è finito l’esilio di Adamo, che era stato allontanato dal giardino. Oggi, nel compiersi del mistero pasquale, l’uomo peccatore – il ladro reso giusto – ritorna nel paradiso, capofila, dietro a Cristo di tutta l’umanità peccatrice, indegna. L’umanità redenta, partecipando ai patimenti di Cristo, confessando il proprio peccato e la sua gloria, incontra – sovrabbondante – la grande misericordia. Sono cose grandi… eppure sono proprio per noi!