Appuntamenti ” a distanza” che ci riguardano da vicino

Giovedì 19 marzo – Solennità di San Giuseppe

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo e fiduciosi invochiamo
il tuo patrocinio, insieme con quello della tua santissima Sposa (Leone XIII)

Ore 18:30 – S. Messa celebrata dal Vescovo Andrea dalla Cappella del Vescovado in diretta streaming sulla pagina Facebook della Diocesi:

https://www.facebook.com/ecclesiasammarinensisferetrana/

Ore 21 – In preghiera per il Paese

In questo momento di emergenza sanitaria, la Chiesa italiana promuove un momento di preghiera per tutto il Paese, invitando ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa a recitare in casa il Rosario (Misteri della luce), simbolicamente uniti alla stessa ora: alle 21 di giovedì 19 marzo, festa di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia (cfr. Sussidio per il Santo Rosario). Alle finestre delle case si propone di esporre un piccolo drappo bianco o una candela accesa. TV2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera in diretta (canale 28).

Venerdì 20 marzo – “Venerdì Bello”

Ore 18:30 – S. Messa celebrata dal Vescovo Andrea dalla Cappella del Vescovado in diretta streaming sulla pagina Facebook della Diocesi e Atto di consacrazione alla Madonna:
https://www.facebook.com/ecclesiasammarinensisferetrana/

Un cammino solidale verso la Pasqua

È consuetudine. Ma vorremmo fosse come la prima volta: diamo un carattere missionario e solidale alla Quaresima, tempo di austerità e di promesse.
Ecco le parole del profeta che ci mettono nella verità: «Dice il Signore: non è piuttosto questo il digiuno che voglio, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri senza tetto, vestire uno che vedi nudo? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto» (cfr. Is 58,6-8). Il Centro Missionario Diocesano, in sintonia con altre realtà (come la Caritas) attente alle povertà vicine e lontane, lancia anche quest’anno la “Quaresima missionaria”. Per sfatare il pregiudizio secondo il quale il frutto della generosità di chi offre si disperde chissà dove, il Centro Missionario ci mette in contatto con situazioni e volti precisi. È un progetto ben delimitato, ma assolutamente concreto, documentato e indispensabile per la vita di una comunità alle prese con la promozione umana, l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani. Si tratta della ricostruzione di un Atelier (già devastato da un uragano) che avvia al lavoro centinaia di ragazze e ragazzi, situato nella periferia della città di Goma (Repubblica Democratica del Congo). Il progetto è seguito dalla “Fraternità missionaria” di padre Silvio Turazzi, missionario saveriano. La carità fraterna è un aspetto qualificante la Quaresima: «Fare per i fratelli». L’ascesi del cammino quaresimale, con le sue rinunce, è anche esercizio di libertà: molte sono le schiavitù che ci condizionano. L’austerità quaresimale ha pure un altro significato: mettersi insieme in un coraggioso cammino verso la Pasqua che è il compimento della Promessa di «cieli nuovi e terra nuova» (cfr. 2Pt 3,13).

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Chiedete e vi sarà dato

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto (Mt 7,7).

È interessante vedere come Gesù ci invita a non avere uno spirito di timidezza; prima di tutto se uno bussa è perché ha bisogno e così anche quando chiede vuol dire che si aspetta una risposta. Al nostro Centro Missionario Diocesano è venuta un’idea: contattare padre Silvio Turazzi che ci ha indicato chi bussa e chiede aiuto. Colui che ci invita alla condivisione è un uomo di Dio che ha girato il mondo della sofferenza e dell’umanità con la certezza che il buon Dio non abbandona mai nessuno. Padre Silvio, sulla sedia rotelle, è andato e tornato diverse volte dal Congo; oggi viene non con il desidero che lo aiutiamo a spingere la sua carrozzella e a portare la sua borsa, ma per aiutare a realizzare il seguente progetto. Un uragano ha danneggiato gravemente l’Atelier Muungano (associazione missionaria, il cui nome significa in lingua Swahili “solidarietà”) che si trova a Goma (Repubblica Democratica del Congo). L’evento, nonostante tutto, ha fortificato la fede di quei fratelli. Io credo, caro padre Silvio, di interpretare il desiderio di tanti amici sostenendo il progetto del tetto dell’Atelier, donando il nostro generoso contributo in questa Quaresima missionaria.

don Rousbell Parrado
Direttore Centro Missionario Diocesano 

Omelia nella III domenica di Quaresima

Domagnano (RSM), Cappella delle Suore Maestre Pie, 15 marzo 2020

Es 17,3-7
Sal 94
Rm 5,1-2.5-8
Gv 4,5-42

Abbiamo udito la domanda degli Ebrei spaventati nel momento del loro Esodo: «Ma il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Certo, il Signore è in mezzo a noi! Gesù ci fa dono della sua compagnia. Nel brano evangelico della Samaritana, Gesù si autorivela come Messia, e lo fa nel luogo più impensato, nel luogo meno sacrale, il muretto di un pozzo. Lì Gesù incontra una donna. Questo incontro ci sorprende anche per l’ora, è mezzogiorno; gli apostoli sono andati a fare compere nel villaggio. Gesù si presenta alla donna in modo semplice, umano, disarmante: «Ha sete». Evidentemente è anche affamato, ma soprattutto stanco. La donna ci appare subito con la sua personalità vivace, capace di reagire, intraprendente; nota subito la diversità fra lei e Gesù. Gesù è un giudeo, lei una samaritana, ma non ha difficoltà a stare con lui. È orgogliosa della sua religiosità, ma è disposta a dialogare con Gesù. Quando il dialogo si fa più serrato è abile a sviare, perché Gesù la vuole incontrare “cuore a cuore”, vuole la sua disponibilità profonda, mentre la donna svicola ponendo questioni di procedure: «È qui che si deve adorare oppure bisogna adorare a Gerusalemme?». Il fulcro di questa pagina ricchissima, con tanti aspetti che andrebbero approfonditi, è la domanda di Gesù: «Dammi da bere». Con questa espressione Gesù sembra abbattere “storici steccati”. Ad esempio, lo steccato della razza: i samaritani erano giudicati di razza inferiore, spuria, perché risultati dalla mescolanza di sangue ebreo con quello dei coloni pagani importati al tempo della caduta di Samaria (il tempo del primo esilio). Poi, lo steccato di religione: i giudei avevano scomunicato i samaritani, perché avevano costruito nel loro territorio un tempio alternativo a quello di Gerusalemme. Lo steccato del sesso: un giudeo preoccupato dell’etichetta non poteva parlare fuori casa con una donna, nemmeno con sua moglie. Lo steccato del diritto: dicevano i rabbini che chi accettava cibo dai samaritani era peggio di chi mangiava carne di maiale. Gesù, che è seduto sul muretto, abbatte uno dopo l’altro tutti questi muri storici. Si apre il primo spiraglio all’universalità della salvezza: l’acqua viva che è Gesù è destinata a tutti. Tutti sono destinati alla sorgente che è il Messia! Ciò che conta è credere in Gesù, nella sua Parola, nella sua proposta. C’è un progressivo manifestarsi da parte di Gesù e in ugual modo c’è un cammino che fa il credente, di cui è paradigma quello che pian piano percorre la Samaritana. Ecco i passi successivi. La chiusura, quando dice: «Tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono samaritana?». Poi, il dubbio: «Da dove prendi quest’acqua?». Dopo il dubbio, l’apertura, seppure con qualche fraintendimento: «Signore, dammi di quest’acqua così non vengo più ad attingere». La meraviglia: «Vedo che sei un profeta». La fede incerta: «Non sarà per caso che tu sei il Messia?» e finalmente la piena confessione che viene affidata ai samaritani: «Prima siamo rimasti persuasi dal tuo racconto – dicono con la donna – ma adesso crediamo perché noi l’abbiamo incontrato». Di fronte all’enigma di Gesù, la sola natura, le nostre poche risorse, sono incapaci di scorgere in lui la vera identità. Solo l’incontro personale con Gesù, con il cuore aperto allo Spirito, può segnare una vera rinascita, una piena adesione di fede.
È bello anche sottolineare: Gesù chiede per potersi donare. Questo accadrà anche sulla croce, quando Gesù dirà: «Ho sete». Nella passione che lo bruciava di febbre aveva sete dell’ “acqua” della nostra fede, della nostra amicizia, del nostro amore.
Concludo lasciandovi tre immagini che possono suggerirci tante cose durante la settimana: l’immagine dell’anfora, l’immagine del pozzo e l’immagine della sorgente. Tre passaggi diversi. L’anfora, ad un certo punto, viene abbandonata, dimenticata; non c’è più bisogno di andare ad attingere chissà dove. Il pozzo rimane lì; è utile, raccoglie (pensate a quello che sono le Sacre Scritture, i nostri riti, le testimonianze dei santi, ecc.). Ma quello che resta è la sorgente, sempre zampillante, sempre fresca, sempre nuova. È l’acqua viva che Gesù mette in noi, perché a nostra volta diventiamo portatori di acqua viva. Un giorno – un giorno di festa grande – Gesù esclamerà ad alta voce, tra la meraviglia dei presenti: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37-38). Un cristiano con il suo esempio, con il suo amore, con il suo spirito di servizio è sorgente di acqua viva, per la sete di tutti, sete soprattutto di speranza. «Voi farete cose più grandi delle mie!» (cfr. Gv 14,12). Così sia.

Essere con l’Africa

Invito ad una grande preghiera, corale e contemporanea

Pennabilli, 10 marzo 2020

A tutti i fedeli
della Diocesi di San Marino-Montefeltro

Carissimi,
invito ad una grande preghiera, corale e contemporanea, per questi giorni di particolare difficoltà a causa del “Coronavirus”.
Preghiamo con fede. Preghiamo tutti. Preghiamo tutti insieme, con mani alzate come Mosè sul monte. Questa iniziativa diocesana a cui chiedo di aderire senza eccezioni non sminuisce quello che abbiamo scritto più volte sulla necessità dell’intervento della scienza e della medicina, delle precauzioni, della protezione civile (ancora una volta grazie!).
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Omelia nella II domenica di Quaresima

Domagnano (RSM), Cappella delle Maestre Pie, 8 marzo 2020

Gen 12,1-4
Sal 32
2Tm 1,8-10
Mt 17,1-9

Confesso di fare molta fatica a parlare senza pubblico: l’omelia la fa il Santo Popolo di Dio! Ma attraverso la San Marino RTV posso raggiungere fratelli e sorelle non qui fisicamente.
C’è una frase che dobbiamo portare nel cuore nella settimana che abbiamo davanti: «Alzatevi e siate senza paura». È la parola che Gesù dice ai discepoli spaventati di fronte alla Trasfigurazione.
Per andare in profondità nella meditazione di questo brano è bene dare qualche riferimento strutturale. Il racconto della Trasfigurazione segue immediatamente la pagina in cui Pietro fa una solenne professione di fede: «Tu sei il Messia, il Figlio di Dio» (Mt 16,16).
Il racconto della Trasfigurazione sta fra due annunci della Passione: non si può isolare la Trasfigurazione da quello che viene prima e dopo (Mt 16,21-23; 17,22-23). Gesù annuncia la sua sofferenza e l’umiliazione della croce. Un commentatore esordisce così nella sua riflessione sul Vangelo di oggi: «La Quaresima ci sorprende. La subiamo come un tempo penitenziale, di rinunce, di sacrifici, e invece oggi ci spiazza con questo Vangelo pieno di luce e di sole, che mette energia, dona ali alla nostra speranza… Dal deserto di pietre e di sabbia – la I domenica di Quaresima – siamo portati al monte della luce. Da polvere e cenere a volti vestiti di sole e di luce» (Ermes Ronchi).
Queste parole aiutano tutti noi ad avere coraggio: il deserto non vincerà! Ce la faremo.
I particolari del testo confermano ciò che andiamo dicendo. Tutti siamo invitati, insieme ai tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, a salire sul monte Tabor, un alto monte. Il motivo del monte ritorna nel Vangelo di Matteo: luogo di una tentazione nel deserto; luogo dell’invio missionario dopo la risurrezione.
In verità, la salita su questo monte sa molto di “ritirata strategica” da parte di Gesù. Avviene, infatti, nel settimo giorno dei grandi festeggiamenti per la “ricorrenza delle tende” (festa nella quale si faceva memoria dell’esodo). Per questo Pietro propone di fare «tre tende». Gesù si rifugia sul monte perché non vuole essere coinvolto nelle attese di un messianismo politico… Non vuole che la gente si sbagli sul suo conto.
Sul monte, luogo della Trasfigurazione, la gloria di Dio avvolge Gesù, anzi prende forma in Gesù. Accanto a lui ci sono due “avventurieri della montagna”, personaggi che hanno avuto famigliarità con i monti: Mosè ed Elia. Nelle loro esperienze di incontro con Dio la Bibbia racconta che, sul monte, ci furono il vento gagliardo, i lampi e i tuoni oppure una brezza leggera, ma sul monte della Trasfigurazione non c’è nulla di tutto questo; c’è una “voce”, la voce del Padre che dice: «Questi è mio figlio… Ascoltatelo». Pietro, nella sua generosità, si sbaglia volendo fare tre tende. Gesù non è alla pari di Elia e di Mosè! Tant’è vero che il brano si conclude con una sorta di zoomata su «Gesù solo». E il timore violento che lascia scioccati i discepoli è dovuto proprio a questa solitudine di Gesù.
Mi piace concludere pensando a come Gesù si manifesta come consolatore della loro paura. Li tocca con tenerezza e dice: «Non abbiate paura, alzatevi». Non abbiate più paura. Se “la voce” proclamò: «Ecco il mio figlio», Pilato un giorno dirà: «Ecco, l’uomo!» L’uomo del Tabor è lo stesso uomo del Calvario. Oggi lo contempliamo radioso e pieno di luce, domani sarà coperto di sangue, torturato, messo a morte. Accade anche nella nostra vita di avere familiarità – e a volte più spesso – col Calvario che col Tabor. Ma non dobbiamo dimenticare che croce e tomba vuota, cioè risurrezione, sono nello stesso giardino.
Vi lascio un’altra sottolineatura. La Trasfigurazione accade mentre Gesù sale a Gerusalemme. Egli sa quello che gli sta per accadere: la tortura, il processo, la crocifissione… Ed è proprio – scusate la scorrettezza grammaticale – “in quel mentre” che Gesù è trasfigurato. Vale anche per noi: in Gesù risorto che trasforma la nostra vita, dobbiamo saper vedere luce anche nei momenti di buio, salvezza nei momenti di prova, il positivo che affiora sul negativo. Non per le nostre risorse personali, ma perché il Signore si fa presente accanto a noi in ogni situazione. Avviene come quando, schiacciato il guscio durissimo di una noce, gustiamo il frutto saporito. Proviamo a vedere in ogni situazione, in ogni luogo in cui siamo chiamati, la luce della Trasfigurazione del Signore. Anche dove ci sembra di non essere adeguati o dove vorremmo vedere condizioni diverse: la luce brilla proprio lì.
Ricordate lo scenario dell’incontro di Giacobbe con Dio? Giacobbe era in fuga da suo fratello Esaù. Dopo il lungo inseguimento, Giacobbe trovò un riparo, posò il capo su una pietra come su un guanciale e sognò la scala che «poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo». E udì parole piene di benedizioni e di promesse. Non poté che esclamare: «Il Signore era qui e io non lo sapevo». Giacobbe cambierà nome a quel luogo: «Non più Luz, ma Betel (casa di Dio)» (cfr. Gen 28,10-19). Buona settimana!

Ceer, le disposizioni del 6 marzo per la prevenzione del Covid-19

Carissimi,
ancora un comunicato… è scritto in comunione con i vescovi della Regione e delle Regioni vicine.
Nel trasmetterlo dico grazie a tutti voi per quello che state facendo e per la dignità con cui state affrontando questi giorni.
Estendete il grazie a tutte le persone che si danno da fare.
Rafforziamo l’unità con il nostro fare “insieme”, mettendo in gioco intelligenza e cuore.
Sono giorni di qualche sacrificio. Sacrificio, cioè fare sacra ogni cosa mediante la carità e l’adesione alla volontà di Dio. Anch’io, come voi, mai avrei immaginato di dispormi e di disporre altri a questo tipo di digiuno. Il Signore ci è vicino e ci sostiene: per questo non è vana l’esortazione al coraggio. Tutto da riassumere, dunque, in quattro parole: grazie, insieme, sacrificio, coraggio.

+ Andrea Turazzi, vescovo

Scarica il Comunicato dei Vescovi dell’Emilia Romagna

Per la riflessione sull’emergenza “Coronavirus”

5 marzo 2020

Carissimi,
la prima goccia d’inchiostro la voglio tutta piena di una certezza: il Signore ci è vicino, vive con noi e ci sostiene in questo momento così particolare.
La fede è dono, ma anche decisione e coraggio. Decisione che il credente prende a ragion veduta, coraggio che lo rende forte. C’è, invece, chi attribuisce la sua vita e gli avvenimenti, belli e brutti, al destino; c’è chi collega alle circostanze fortuite l’amore che ha cambiato la sua vita o al caso il prodigio di una nascita. La fede aggancia passato, presente e futuro ad un progetto d’amore più grande: non subisce il tempo e gli avvenimenti, ma vede in essi un appello. Più che mai la fede è una risorsa per questi giorni difficili. L’epidemia “Coronavirus” rende da una parte evidente la nostra fragilità, ma ci spinge a tirar fuori il meglio di noi: l’ingegno, la solidarietà, la creatività. Ho visto in questi giorni la dedizione e l’impegno di tante persone per il bene della comunità, credenti e non credenti (amministratori, medici, infermieri, volontari della Protezione civile, ecc.). Tutti uniti: l’antivirus della fraternità.
Stiamo sperimentando l’interdipendenza che ci lega tutti; in questo senso il contagio costituisce una severa lezione. Sentiamo di più l’unità familiare, nazionale, internazionale. Traiamo profitto da questa consapevolezza, una consapevolezza da tenere presente anche per il dopo. Intere popolazioni sul pianeta soffrono periodicamente di epidemie e sofferenze.
I comunicati stampa, i messaggi e i decreti che si susseguono creano, talvolta, disorientamento a seconda delle interpretazioni. C’è chi le legge con rigore e chi a modo suo. Invito i miei principali collaboratori, i sacerdoti, a fare proprio quello che le autorità civili e sanitarie domandano.
Facciamolo anzitutto come risposta alla nostra coscienza che ci impegna al bene comune: la salute di tutti.
Alle nostre comunità, riconosciute più che mai realtà aggreganti e significative, vengono chieste delle restrizioni che toccano momenti celebrativi importanti come i Battesimi, le Esequie, le benedizioni pasquali alle famiglie e soprattutto la S. Messa. Si è costretti ad una sorta di “digiuno eucaristico”. Oltre alle restrizioni in campo liturgico, sono da considerare la sospensione della catechesi e della vita dei gruppi. Sostegno e informazioni sono assicurati dal sito diocesano e da altre forme di comunicazione da parte delle parrocchie. C’è chi ne soffre, c’è chi si sente più povero, c’è chi protesta. Ma questa momentanea privazione accrescerà il desiderio, purificherà dall’abitudine, ne farà comprendere ancor più il valore e, soprattutto, ci educherà al culto «in spirito e verità».
Questi giorni ci fanno ritrovare la dimensione dell’intimità e della casa: giorni che possiamo dedicare maggiormente all’ascolto, alla lettura, alla condivisione, alla preghiera, a tutto quello che tempera il ritmo così frenetico della nostra vita. Perfino i nostri bambini e i nostri ragazzi hanno l’opportunità di sperimentare altre forme di didattica, senza nulla togliere al rapporto diretto.
Il mio pensiero va a chi vive in prima persona il contraccolpo economico: artigiani, imprenditori, ristoratori, operatori turistici, ecc. È una crisi che coinvolgerà tutti. Sono certo che la politica saprà, come in altre circostanze delicate, trovare soluzioni condivisibili.
Un pensiero e una preghiera speciale per chi è solo, ammalato o in grande ansietà. Vorrei che ognuno di loro pensasse nei momenti di buio: il vescovo Andrea sta pregando per me!
Come saremo quando tutto sarà passato? Torneremo alla laboriosità che ci caratterizza. Torneremo a stringerci la mano e a non farci mancare gli abbracci. Ci ritroveremo ancora più persuasi che gli altri sono «miei fratelli». Riemergerà ancora più forte il bisogno di comunità.

+ Andrea Turazzi

Le nuove indicazioni per prevenire la diffusione del Covid-19

Pennabilli, 2 marzo 2020

Ai Rev.di Parroci
e ai Rettori delle chiese

Carissimi,
vi invio il nuovo comunicato della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna con ulteriori indicazioni per fronteggiare l’emergenza “Coronavirus”.
Continuiamo ad affrontare questa prova con senso di responsabilità, uniti alla nostra gente. La preghiera sia la nostra forza e la carità il sostegno reciproco.
Viviamo questi giorni senza allarmismi, senza superficialità, nella speranza.

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

 

Comunicato della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna

La Conferenza Episcopale Emiliano Romagnola si è riunita questa mattina in seduta a Bologna. In comunione con i vescovi della Lombardia e della Provincia Ecclesiastica Veneta dispone:
«In ordine alla celebrazione dell’Eucaristia il nostro desiderio più profondo era e rimane quello di favorire e sostenere la domanda dei fedeli di partecipare all’Eucaristia.
Considerata la comunicazione odierna della CEI – che, interpretando il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, invita a non celebrare le Sante Messe feriali con il popolo – a differenza di quanto precedentemente disposto chiediamo ai sacerdoti, alla luce della delicata situazione sanitaria e delle richieste delle autorità competenti, di celebrare le Sante Messe feriali senza la partecipazione dei fedeli sino a sabato 7 marzo.

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