Omelia I domenica di Quaresima

Dogana (RSM), 5 marzo 2017

Gen 2,7-9; 3,1-7
Sal 50
Rm 5,12-19
Mt 4,1-11

(da registrazione)

«Come per la disobbedienza di un solo uomo [Adamo] tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo [Gesù] tutti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).
Cari amici,
Gesù, facendosi uno con noi, ha vissuto la tentazione. E noi, facendoci uno con lui, possiamo vincere.
Qualche giorno fa abbiamo celebrato la nostra fragilità quando, durante la Messa di ingresso nel Tempo Quaresimale, il sacerdote ha cosparso il nostro capo di polvere dicendo: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr. Gn 3,19).
Oggi abbiamo udito che «il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo» (Gn 2,7). Ecco il cammino quaresimale: se ci affidiamo alle abili mani dell’artista – il Signore – egli dalla nostra polvere saprà modellare un uomo nuovo. La Scrittura aggiunge: «Soffiò nelle sue narici lo spirito di vita». La nostra debolezza, con cui facciamo i conti tutti i giorni, può diventare la nostra forza grazie al soffio della grazia. La fragilità può diventare opportunità, perché in Gesù nasce, si sviluppa, cresce l’umanità nuova a cui siamo chiamati.
Stanno davanti a noi due cammini molto simili, quasi paralleli, ma con esiti diversi: il cammino di Adamo e il cammino di Gesù. Il cammino di Adamo lo porta progressivamente a rifiutare l’obbedienza filiale al Signore per ascoltare una voce suadente, subdola, che insinua il sospetto che la fede voglia mantenerlo in uno stato infantile e così lo spinge a diventare adulto sbarazzandosi di Dio e inseguendo i suoi deliri di onnipotenza.
Gesù, tentato come Adamo, non cede, si lascia progressivamente guidare dallo Spirito e plasmare dalla Parola del Padre fino al punto da smascherare la trappola e resistere alla seduzione uscendone vincitore.
Come sarà la nostra Quaresima? Che cosa ci siamo proposti?
Entriamo nella comprensione del cammino di Adamo e del cammino di Cristo. Su che cosa il diavolo sferra il suo attacco?
Il primo è l’attacco all’immagine che l’uomo ha di sé. La Genesi ci descrive Adamo, seppure con rapidissime pennellate, come uomo di intensa vita culturale e religiosa: egli esprime la sua capacità di impresa nel giardino a lui affidato, dà il nome alle cose e agli animali in segno di dominio, progetta insieme ad Eva, dialoga con Dio, ma il tentatore cerca di porgli innanzi solo l’esigenza del cibo. Fa così con Adamo e fa così con Gesù: «Trasforma questi sassi in pani… Perché – sembra insinuare Satana – i bisogni spirituali non sono così importanti». Tu hai bisogno di saziare i desideri che contano: oggi il desiderio di pane, domani il desiderio di piaceri, di denaro, di gioco…». Il tentatore cerca di ridurre l’uomo alla somma dei suoi bisogni, vuole ridurlo a consumatore.
Il secondo attacco a cui sono stati sottoposti Adamo e Gesù è l’attacco all’immagine di Dio. Di per sé il rapporto con Dio è un rapporto gioioso, fiducioso, dialogante, ma il diavolo vuol mostrare un Dio che non si prende cura di noi, un Dio che non vede e non sente la nostra solitudine. Quante volte anche noi veniamo assaliti da questa tentazione e pensiamo: «Signore, non vedi, non t’importa?». Invece siamo nelle sue mani, nel suo orizzonte, e ogni prova da affrontare va letta come un’opportunità.
Il terzo attacco è l’attacco all’immagine del prossimo. Adamo e Cristo hanno una relazione con gli altri improntata al rispetto, alla gratuità, al servizio. Satana chiede loro di non essere ingenui; chiede di osservare “i regni della terra con la loro potenza”, di pensare a quanto il prossimo gli può rendere. Il tentatore presenta il prossimo non come un fratello da amare, ma come una realtà da dominare, uno schiavo da usare.
In Adamo siamo tentati e provati, in Gesù abbiamo vinto, per questo noi lo seguiamo e durante la Quaresima affrontiamo anche il buon combattimento (2Tm 4,7).
Suggerisco per la meditazione un’opera spirituale scritta da Santa Caterina Vegri (1413-1463), di cui ricorrerà la festa tra qualche giorno. Caterina era una fanciulla cresciuta alla corte degli Estensi. Un giorno abbandonò tutto e intraprese il cammino di Francesco e Chiara fra le Sorelle Povere, le Clarisse, nel monastero del Corpus Domini a Ferrara prima e poi a Bologna. Caterina, maestra spirituale, in una breve opera ascetica e mistica, suggerì sette armi spirituali per vincere la battaglia. Le elenco brevemente: la diligenza (cura delle cose spirituali); la diffidenza di sé (coscienza della propria fragilità e difesa dai pericoli); la confidenza in Dio (Gesù ha detto «senza di me non potete fare nulla», Gv 15,8); la memoria della propria morte (come vorremmo essere trovati nel momento decisivo della nostra vita?); avere davanti agli occhi del cuore la memoria dell’Agnello che arriva fino al dono di sé; la memoria del Paradiso («è tanto il bene che m’aspetto che ogni pena mi è diletto»); l’arma totale, quella usata da Gesù: la Parola di Dio che fa indietreggiare il nemico.
Proviamo a scegliere quale arma ci è più utile in questo tempo di Quaresima.

Per vivere meglio il Battesimo

Appena due mesi fa, il 28 dicembre, moriva improvvisamente padre Augusto Savelli, il frate minore francescano popolare e amato dai sammarinesi. Faceva parte della commissione diocesana per il primo centenario di Fatima. Come rettore del Santuario del Cuore Immacolato era entusiasta di ospitare per il 13 maggio prossimo le celebrazioni della diocesi. Qualche settimana prima di morire ci aveva dato degli appunti che offriamo ai lettori sotto forma di intervista virtuale.

Padre Augusto, in che cosa consiste la “consacrazione al Cuore Immacolato”?

La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria è una donazione totale e perpetua di tutto il proprio essere a Maria: corpo e anima con le loro facoltà per poter vivere meglio il proprio Battesimo in tutti i suoi doveri personali, familiari, religiosi, civili e sociali.

Che cosa comporta?

La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria comprende quattro cose: donazione di sé a Maria, obbedienza a Maria, imitazione di Maria, apostolato mariano.
La donazione è il principale elemento della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. La donazione di se stessi a Maria deve essere fatta dall’interessato. Quando si tratta di persone morali: Chiesa, Nazioni, Diocesi, Parrocchie, ecc. la consacrazione dovrà essere fatta dalla competente autorità. La consacrazione comporta l’obbedienza a Maria. Sarebbe inutile donare a Maria tutto il proprio essere, il corpo e l’anima, se poi si rifiuta di seguire quanto lei ci dice, cioè «fate tutto quello che lui vi dirà» (Gv 2,5). La donazione, la consacrazione di sé al Cuore Immacolato di Maria, comportano necessariamente di dover ricopiare le sue doti, le sue virtù, come giustamente dice San Massimiliano Kolbe: «… chi più perfettamente si lascia condurre da lei nella vita interiore, partecipa maggiormente al suo spirito». Infine, la consacrazione spinge ad un apostolato mariano. «Gesù vuol servirsi di te per farmi conoscere ed amare» disse la Madonna a Lucia, ed è quello che la Madonna ripete a tutti i consacrati al suo Cuore Immacolato.

Anche la Madonna si impegna verso il suo consacrato? In che modo?

La consacrazione è un reciproco impegno tra il consacrato e Maria. Maria non si lascia mai vincere in generosità. La Madonna accetta il dono della consacrazione. È Maria che ha manifestato l’ardente desiderio di Gesù che tutto il mondo sia consacrato al suo Cuore Immacolato e lei, come buona madre, accetta il dono del suo consacrato e lo mette sotto la sua materna protezione. La Madonna collabora alla formazione spirituale di chi si consacra a lei. Maria si impegna alla formazione spirituale del suo consacrato. San Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Evidentemente da quanto sono venuto dicendo si deve innanzitutto concludere che Maria ha ricevuto da Dio un grande potere sulle anime degli eletti […] formarli in Gesù Cristo e formar Gesù Cristo in loro». La Vergine lo ricolma di grazie chi si dona a lei. Maria è Mediatrice di grazia presso il suo Figlio e tesoriera di Dio. San Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre ha radunato una massa di acque che ha chiamato mare; egli ha pure riunito un insieme di tutte le grazie che ha chiamato Maria». La Madonna sarà la avvocata presso il suo Figlio per ogni suo consacrato. Maria è la Madre di Gesù, Maria è Corredentrice e sul Calvario ha offerto suo Figlio e se stessa per il bene dell’umanità. Ma quello che è più consolante è che la Madonna a Fatima promette ai suoi consacrati la salvezza eterna indipendentemente dai loro meriti passati. Li protegge e aiuta nelle difficoltà della vita. La Madonna è una madre buona e premurosa ed assiste il suo consacrato non solo nella lotta contro il male morale e nel cammino verso il Cielo, ma, se necessario, anche nelle difficoltà della vita presente. E lo assiste nel momento della morte. La morte è il momento più importante della nostra esistenza. Lì si deciderà la nostra sorte eterna. Beato chi avrà vicino a sé Maria a pregare e intercedere per lui.

Perché consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria?

Perché è l’espressione suprema dell’amore filiale verso di lei. Un amore che non si limita a qualche pratica o alla recita di qualche preghiera, ma arriva alla donazione totale e perpetua di tutto il proprio essere. È un passo spirituale altamente qualitativo e che porta le anime nella possibilità di vivere e gustare le realtà soprannaturali.

In quale relazione sta la consacrazione al Cuore Immacolato con la consacrazione battesimale?

San Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Gesù Cristo nostro salvatore, vero Dio e vero uomo, deve essere il fine di tutte le nostre devozioni: diversamente esse sarebbero false ed ingannevoli». Ogni fedele che non è unito a lui come un tralcio al tronco della vite cadrà, seccherà e non sarà utile che per essere gettato nel fuoco. Se dunque noi stabiliamo la solida devozione di Maria SS.ma è solo per offrire un mezzo facile e sicuro di trovare Gesù Cristo.

Penitenza e conversione

Fra i numerosi appelli della Madonna a Fatima, c’è quello alla penitenza, al digiuno e alla conversione, poiché, come abbiamo ricordato, la Madonna non ha messaggi propri, se non quelli del Vangelo di Suo Figlio. In questo richiamo della Vergine, non possiamo non cogliere l’appello di Gesù che iniziando la vita pubblica, nel Vangelo di Marco, comincia così il suo annuncio al mondo: Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo. Oppure l’altro invito di Gesù che, parlando della presenza di satana nel mondo, avverte i suoi discepoli: Questa specie di demoni non si può cacciare in nessun altro modo, se non con la preghiera e il digiuno. Dunque preghiera, digiuno, penitenza, conversione sono le armi per sconfiggere il male e per restituire all’uomo la sua libertà e dignità di figlio di Dio e per ottenere la vita eterna. E precisamente è quanto chiede la Madonna ai tre pastorelli a Fatima. Il mondo rifiuta Dio, incamminato nella propria strada corre verso la perdizione; la Madonna ammonisce: o il ritorno a Dio o le tenebre dell’odio, della violenza del peccato e il rischio della dannazione eterna. E chiede ai tre Pastorelli la loro collaborazione, per potere invertire questo rischio, questa corsa dell’umanità verso l’autodistruzione. La richiesta di Maria a Fatima è valida anche in questo periodo storico, tanto turbato dai venti di guerra, dal terrorismo, dall’odio. Lei, la Donna Vestita di Sole, ci dà una risposta storica. Non esiste un destino immutabile; fede e preghiera, digiuno e penitenza sono potenze, che possono influire nella storia; alla fine la preghiera è più forte dei proiettili, la fede più potente delle divisioni. E solo il ritorno al Signore Gesù e al suo vangelo può cambiare il corso della storia e del destino personale di ciascuno di noi, per un fine di pace e di salvezza. E i tre pastorelli, nonostante la loro tenera età, avevano capito perfettamente il messaggio della Madonna, tanto che dopo le apparizioni la loro vita sarà sempre dominata da questa preoccupazione: pregare e fare penitenza per i peccatori. E infine per questo ritorno la Madonna ha chiesto la consacrazione del mondo al suo Cuore Immacolato.
San Giovanni Paolo II, così aveva parlato della consacrazione: Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria significa avvicinarci, mediante l’intercessione della Madre, alla stessa sorgente della vita, scaturita sul Golgota… significa ritornare sotto la croce del Figlio. Di più: vuol dire consacrare questo mondo al Cuore trafitto del Salvatore, riportarlo alla fonte stessa della sua Redenzione… Consacrarsi al Cuore di Maria vuol dire quindi arrivare a Gesù per la via più breve, al Figlio attraverso la Madre, per poter vivere con Lui una personale esperienza di amicizia e di amore. Quindi consacrarsi alla Madonna vuol dire, in sostanza, accoglierla come vera madre nella nostra vita, sull’esempio di Giovanni, perché lei per prima prende sul serio la sua maternità su di noi: ci tratta da figli, ci ama da figli, ci provvede tutto come a figli: perché una madre è parte di noi, della nostra vita, e non la si cerca solo quando se ne sente il bisogno. Ecco perché non è fuori luogo né fuori tempo celebrare l’anno centenario delle apparizioni e rimeditare il messaggio che da esse scaturisce: anche per noi c’è una speranza, possiamo ritrovare vie di pace e di fraternità, di giustizia e d’amore se c’è un vero cammino di conversione a Cristo e al suo Vangelo.
Anche noi come Chiesa diocesana il 13 maggio prossimo rinnoveremo la consacrazione al cuore Immacolato di Maria, il nostro desiderio di essere completamente suoi, di camminare come lei sulla strada che il Vangelo ci indica per essere realmente suoi figli e figli del Padre che è nei cieli e per ritrovare una speranza per questa vita e per l’eternità. (Mons. Elio Ciccioni)

In cammino verso Fatima

Le parrocchie del Vicariato Valconca e Valfoglia si ritroveranno la sera del 13 marzo p.v. alle ore 20:30 nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo in Macerata Feltria per la Veglia di preghiera in preparazione alla consacrazione della diocesi al Cuore Immacolato di Maria, come da tempo ha proposto il nostro vescovo Mons. Andrea Turazzi, nel Centenario delle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli di Fatima. È il terzo appuntamento, dopo quello a San Marino (Valdragone) e quello a Novafeltria.
La chiesa dedicata all’Immacolata e a San Michele Arcangelo è stata edificata nel 1800 (1857-1875), in sostituzione della vecchia chiesa parrocchiale al Castello, e aperta per la prima volta nel 1904. Era stata resa inagibile il 14 agosto 2014 per il crollo di un tratto del cornicione interno. Ne è seguito un periodo laborioso di verifiche, perizie, progettazione e preparazione degli interventi da effettuare. I lavori hanno richiesto alcuni anni sia per la difficoltà di esecuzione che di reperimento dei fondi.
Oltre al contributo sostanziale dall’8×1000 della CEI e alle offerte generose raccolte in occasioni di celebrazioni, c’è stata la bella iniziativa chiamata “Un mattone per la chiesa”, proposta dai parrocchiani e dalla cittadinanza, che ha dato una notevole spinta a proseguire nell’opera.
La chiesa, dall’interno luminoso e spazioso, è ricca di pregevoli opere: due del 1600 (San Francesco e l’Assunta, un tempo nella chiesa di San Francesco) e due del 1800-85 di A. Conti: l’Immacolata e la Santa Famiglia; ma soprattutto la grande e bellissima Croce dipinta del 1394 di Olivuccio di Ciccarello (già Carlo da Camerino), anch’essa un tempo in San Francesco, perché a  Macerata Feltria, fino al periodo dell’unità d’Italia c’erano due conventi (San Francesco e Santa Chiara) poi confiscati  e venduti.
La Veglia si farà a Macerata, dietro suggerimento del Vescovo, sia perché la chiesa è molto capiente, sia perché è centrale rispetto alle varie località delle due vallate del Vicariato. (DGC)

«Se tanti, tutti insieme…»

Qualcuno per scaramanzia va dicendo: «Andrà a finire che il 13 maggio sarà una giornata di pioggia!». Speriamo invece sia una giornata di sole ed una serata di stelle. Ma è altro a cui guardare, fin da ora: la diocesi saprà mobilitarsi con entusiasmo?
L’evento potrà costituire una occasione di risveglio nella fede?
Perché questo accada occorre dedicare tempo ed energie con l’adesione e l’impegno di ciascuno.
Il primo impegno è di comunicazione: annunciare l’evento, non perdere occasione per fare inviti, valorizzare il passaparola. Sogniamo che il 13 maggio sia una manifestazione che unisca l’intera diocesi, consacrati e laici, giovani e adulti. Che nessuno possa dire: «Io non lo sapevo!».
Come raggiungere i cristiani della soglia? Come invitare efficacemente gli amici che vivono al margine della nostra comunità? E poi c’è da raggiungere il vasto mondo di chi non crede. È stato detto che la Madonna saprà trovare il modo della sua rivincita. La commissione incaricata sta pensando anche a momenti di carattere culturale mariano, di lettura di opere d’arte, di ascolto musicale.
Un secondo impegno è la preparazione. Già si è iniziato con i pellegrinaggi vicariali; in gennaio si è celebrato quello del vicariato di San Marino (12 parrocchie), in febbraio quello del vicariato della Val Marecchia (31 parrocchie), in marzo quello del vicariato della Val Foglia/Val Conca (38 parrocchie). Tutte e tre le manifestazioni hanno avuto notevole adesione. Nonostante la stagione non sempre favorevole e i tanti appuntamenti pastorali concomitanti, la sensazione comunque è che il popolo cristiano sappia ancora costruire momenti di unità e di fervore. La comunicazione e la preparazione, tuttavia, non otterranno frutto senza l’interiorità: questo è il terzo impegno in vista del 13 maggio. La consacrazione va preparata, desiderata, attesa. Qui conta un’altra dimensione che non è quella dei numeri e dell’organizzazione, ma la dimensione del cuore.
Insieme è più facile perché si è aiutati, ma è indispensabile l’adesione personale. Provvidenzialmente il tempo della preparazione coincide con la Quaresima e la Pasqua, tempi liturgici ricchi di richiami alla conversione e ad una vita che continuamente si rinnova, ricchi di proposte sacramentali e di grazia: abbondanza di Parola di Dio, occasioni per celebrare il sacramento della Riconciliazione, inviti alla catechesi e alle iniziative di formazione. In ogni casa viene portata dal parroco la lettera del Vescovo, “Maria cielo di Dio”, utile per la meditazione personale. Un forte richiamo all’interiorità è senza dubbio il recupero della preghiera in famiglia, fosse anche solo un’Avemaria pregata insieme. I ritmi delle nostre famiglie sono piuttosto concitati, le esigenze dei componenti sono frastagliatissime, ma, se voluto, un segno di questo tipo può dare una sterzata. E poi, «se tanti, tutti insieme, contemporaneamente, formuleranno anche un solo pensiero su Maria, tante piccole scintille insieme accenderanno una luce per questi giorni difficili e bui». È probabile che il 13 maggio non troveremo “il miracolo del sole”, ma il sole brillerà in molti cuori per Maria.

(+ Andrea Turazzi)

Pellegrinaggio a Fatima

Omelia Le Ceneri

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 1 marzo 2017

Gl 2,12-18
Sal 50
2Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18

1.

Oggi tutta la Chiesa fa l’ingresso solenne in penitenza. Siamo nella Cattedrale, dove si raduna insieme col Vescovo, il popolo di Dio che è in San Marino-Montefeltro; ciascuno di noi ha la consapevolezza di essere rappresentanza di tutta la diocesi. Che bello entrare insieme in questo cammino di quaranta giorni! Essi ci ricordano Mosè che rimase sulla montagna per quaranta giorni e quaranta notti prima di ricevere il dono dell’Alleanza. Quaranta giorni fu il tempo del ritiro del profeta Elia nel deserto per prepararsi alla missione. Anche noi entriamo in questi quaranta giorni, non soltanto personalmente e singolarmente, ma tutti insieme, come popolo, consapevoli dell’aiuto che ci viene gli uni dagli altri, pregando reciprocamente, avvalendoci dell’intercessione dei santi, della Madonna, sotto quel capo che è Gesù, che fa fluire e rifluire i doni della sua grazia. Quanti doni riceveremo durante la Quaresima: abbondanza di Parola di Dio, di suggerimenti pastorali, di liturgie che culmineranno nella celebrazione della Pasqua; una celebrazione in tre momenti ma che è un’unica celebrazione: giovedì, venerdì e sabato santo. Vorrei che nessuno mancasse alle sacre liturgie della settimana di Pasqua. Giovedì santo rivivremo l’ultima cena di Gesù con i suoi, quando ha celebrato la Pasqua con l’offerta del suo corpo e del suo sangue, con la consegna del comandamento nuovo, con l’istituzione del sacerdozio e con la promessa dello Spirito Santo. Venerdì santo: la grande prova. Quel giorno leggeremo il racconto della Passione secondo Giovanni. Poi ci sarà il momento folcloristico, tanto caro alla nostra cittadina, della Via Crucis, pio esercizio da vivere con Gesù nel momento della sua passione (come faremo tutti i venerdì di Quaresima in parrocchia). E, finalmente, la veglia di Pasqua, durante la quale rinnoveremo il Battesimo. Quanta sapienza in questi quaranta giorni la Chiesa mette a nostra disposizione! Un tempo la Quaresima era il momento in cui i catecumeni tenevano la preparazione prossima al Battesimo. Poi, quando il catecumenato perse un po’ della sua importanza perché si cominciò a battezzare i bambini, l’itinerario catecumenale si trasformò in ordo penitentium, che raggruppava coloro che si riconoscevano peccatori, chiedevano la preghiera del popolo cristiano, la benedizione del vescovo e il perdono di Dio. Preparazione alla Pasqua, iniziazione cristiana, ordo penitentium: ecco il significato della Quaresima.

2.

Abramo, nostro padre nella fede, si rivolse così a Dio: «Ardisco parlare a te mio Signore, io che sono polvere e cenere». L’uomo della Bibbia ha coscienza della propria povertà, della propria debolezza e riconosce umilmente che, se Dio non lo rianima con il suo soffio vitale, torna immediatamente alla polvere, proprio come diranno le parole che il diacono e il Vescovo pronunceranno imponendoci la cenere sul capo: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Parole antiche, parole della Genesi. Questi pensieri biblici ci svelano il significato che la teologia dà alle sacre ceneri, un significato che viene ripreso dalle parole della formula pronunciata sul nostro capo. Anche Gesù si è rivestito della nostra umanità e si è fatto cenere come noi, ma il Padre trasforma Gesù e quelle ceneri compattate e vivificate dallo Spirito diventano un albero di vita.
Questa sera noi riconosciamo la nostra fragilità e domandiamo al Signore che ci vivifichi con il suo soffio vitale, come fece il giorno della creazione, e come ha fatto Gesù nel giorno della sua Pasqua, quando, riunendo i suoi, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito».
Riascoltiamo la preghiera con cui abbiamo aperto la celebrazione: «Concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male». Questi quaranta giorni sono, infatti, anche tempo di combattimento spirituale, perché da una parte sentiamo il desiderio della vita nuova, dall’altra facciamo i conti con l’uomo vecchio che è in noi. Percepiamo che qualcosa di nuovo è iniziato con il Battesimo, ma non è ancora compiuto, perché abbiamo da lottare con i nostri vizi, con il nostro peccato. Questo combattimento deve essere generoso, fatto con impegno.
Vorrei concludere ricordando un testo di ascetica di una celebre mistica e maestra spirituale, Santa Caterina Vegri. Scrisse un piccolo vademecum per le sue allieve. Questa opera si chiama: «Le sette armi spirituali», armi per la vittoria! La prima arma è la diligenza: non lasciar cadere gli aiuti spirituali (ad esempio le ispirazioni, i propositi, i vangeli domenicali di questo tempo di Quaresima); poi la diffidenza di sé, cioè l’avere il senso del proprio limite, il fuggire le occasioni di peccato, il non contare troppo su se stessi, perché Gesù ha detto «senza di me non potete far nulla»; la confidenza in Dio: sarà lui che darà lo slancio, la voglia di continuare a donarsi, a spendersi; nei momenti di difficoltà fare memoria dell’Agnello, di Gesù nella sua penosissima peregrinazione fino al dono totale di sé; fare memoria della propria morte, disporsi come si vorrebbe essere trovati davanti a Dio nel momento della morte; fare memoria del Paradiso, saper guardare oltre, solo allora i piccoli sacrifici come le sofferenze più grandi diventano sopportabili: «È tanto il bene che mi aspetto – diceva Francesco d’Assisi – che ogni pena mi è diletto». Infine l’arma della Parola di Dio; può essere efficace memorizzare una frase, ad esempio del Vangelo della domenica, che ci accompagni nel quotidiano e farla ritornare continuamente alla mente: quella parola diventa l’arma che ci fa vincere.
Auguri a tutti di una felice e fruttuosa Quaresima!