Incontro con Costanza Miriano

Omelia Domenica delle Palme

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 21 marzo 2016

Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Lc 22,14-23,56

Quali furono i sentimenti, i pensieri e le decisioni di Gesù – nella sua ultima settimana in particolare – se non amore? Entriamo nella Settimana Santa col desiderio di seguirlo da vicino, di ascoltarne i palpiti del cuore e di imparare da lui. Ciò è possibile sia per chi è al lavoro, sia per chi sta in casa; sia per chi può fermarsi e sostare, sia per chi è trattenuto da doveri e impegni; in tutti il proposito di partecipare alle solenni liturgie del Triduo pasquale. Bisogna, però, organizzarsi per tempo; rinunciare a qualche altra attività: ne vale la pena. Un ricordo speciale va alle persone inferme o anziane, impossibilitate a venire nella nostra bella Cattedrale; tuttavia le sentiamo presenti. Pregano ed uniscono la loro sofferenza a quella del Signore, con lui sono membra vive della redenzione. Più a rischio sono i bambini e i ragazzi: i giorni di vacanza dissipano. Chiedo a genitori e nonni di accompagnarli a celebrare la Pasqua. Il racconto della passione del Signore ci è arrivato attraverso quattro diverse redazioni, sostanzialmente concordi; le differenze confermano la storicità dei fatti. Ciascuno degli evangelisti (Matteo, Marco, Luca, Giovanni) ha tuttavia una propria prospettiva teologica ed una propria originalità di stile.
Oggi abbiamo letto la Passione secondo Luca. Balzano evidenti almeno “dieci particolari” che solo l’evangelista Luca riferisce, in linea col suo Vangelo. Luca – come abbiamo avuto modo di dire in altre occasioni – è lo scriba mansuetudinis Christi (Dante Alighieri) e i “dieci particolari” costituiscono la sua firma (espediente usato da tanti artisti per le loro opere). Il terzo Vangelo, quello di Luca, è il vangelo che racconta l’infanzia di Gesù, la dolcezza di Maria e la premura di Giuseppe. E’ un Vangelo pervaso dalla gioia dei piccoli, dei poveri e delle donne attorno a Gesù. E’ il Vangelo delle parabole della misericordia e della parabola capolavoro del Padre misericordioso. Gesù entra nella passione come prototipo del martire coraggioso e mansueto che muore pregando e perdonando.
E’ una fortunata coincidenza trovarci a meditare il testo di Luca proprio in questo anno giubilare: il Giubileo della Misericordia. Il percorso che abbiamo fatto ci porta nel cuore del Vangelo della Misericordia. Rileggiamo il testo gustando interiormente “i dieci particolari”.

  1. Nel Getzemani Gesù soffre fino a sanguinare. Un angelo viene a confortarlo.
  2. Durante la cattura compie un estremo tentativo di recupero del traditore. Lo chiama per nome e pronuncia le parole che gli altri evangelisti riferiscono col discorso indiretto.
  3. Un discepolo troppo zelante colpisce uno sbirro. Gesù fa per lui l’ultimo miracolo: risana il suo orecchio (l’orecchio destro!).
  4. Pietro rinnega tre volte il Signore. La prima volta è una donna a metterlo in crisi (una serva), poi due innominati. Un gallo canta, ma è lo sguardo penetrante di Gesù che lo fa piangere.
  5. Gesù è un prigioniero scomodo: viene rimbalzato da un potere all’altro. Pilato per tre volte ne riconosce l’innocenza.
  6. Sorpresa: da quel momento Pilato ed Erode, notoriamente avversari, diventano amici!
  7. Al seguito di Gesù, nel momento supremo della prova, ci sono ancora le donne. Luca ne riferisce i lamenti e le parole delicatissime di Gesù per loro.
  8. Gesù perdona i suoi carnefici e prega per loro.
  9. Probabilmente qui è il centro di tutto il Vangelo. Da una parte ci sono il popolo che sta a guardare, i capi che deridono il condannato, la soldataglia che ironizza; dall’altra il centurione che glorifica Dio per come Gesù muore, la folla che si batte il petto, i discepoli che osservano attoniti; e nel mezzo del racconto il dialogo di Gesù con i due ladroni. Uno di loro domanda: Ricordati di me. Gesù risponde: Oggi sarai con me.
  10. Luca riferisce la preghiera di fiducioso abbandono pronunciata da Gesù (Salmo 31, 6) con l’aggiunta originalissima: Padre, e poi: Nelle tue mani consegno il mio spirito.

Stazione giubilare a San Leo

Periodico Montefeltro Marzo 2016

Venerdì Bello

Omelia V Domenica di Quaresima

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cappella del vescovado, 13 marzo 2016

Is 43,16-21
Gv 8,1-11

Anzitutto oggi vogliamo ricordare il terzo anniversario della elezione di papa Francesco al soglio pontificio. Ringraziamo il Signore per il dono di questo papa alla Chiesa. Proprio ieri, una rappresentanza della nostra Diocesi lo ha incontrato durante il pellegrinaggio giubilare a Roma. Papa Francesco ancora una volta ci ha raccomandato l’amore che si fa servizio, mettendoci di fronte all’icona di Gesù che lava i piedi agli apostoli. C’è un servizio a cui siamo particolarmente chiamati; è il servizio del perdono: lavarci reciprocamente i piedi (cfr Gv 13,1-ss). Tema che possiamo ben collegare con i testi della liturgia odierna.
Siamo nella domenica in cui contempliamo la «Misera e la Misericordia» una di fronte all’altro: l’adultera restituita ad un amore diverso e più grande e il Signore Gesù. Un messaggio forte per tutti noi: avere fiducia, non guardare a noi stessi, contare su di Lui. E’ la domenica nella quale risuona l’appello consegnato al profeta Isaia per tutti noi desiderosi di un nuovo inizio: Non ricordate più le cose passate… Ecco io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19).
Gustiamo interiormente i verbi attorno cui si condensano le frasi del Vangelo: nutrono la preghiera. Il verbo esprime l’azione compiuta dal Soggetto (“Soggetto” con la maiuscola: è Gesù!). Esemplifico col brano di questa quinta domenica di quaresima.

* Gesù scrive col dito per terra. E’imbarazzato, ma non per la donna che gli sta di fronte; semplicemente non vuole incrociare gli sguardi che giudicano e accusano; non sopporta gli sguardi di morte. Il gesto dello scrivere per terra allude ad un oracolo: Sarà scritto sulla polvere chi si allontana da te, Signore (Ger 17,13).
* Di nuovo si china. Responsabilizza i presenti. Sono sotto il giudizio di Dio: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra. Anche per loro Gesù è salvatore: Non giudicate per non essere giudicati (Mt 7,1). Cadono le pietre dalle mani.
* Si alza. E’ rimasto solo con la peccatrice. Si alza come si fa davanti ad una persona attesa e importante. Che cosa vede nei suoi occhi? La paura? La vergogna? La speranza?
* Le parla. Nessuno, fino a questo punto del racconto, ha parlato alla donna o le ha chiesto qualcosa. La chiama «donna» (come quando si rivolge a sua madre). In lei, prima della peccatrice, vede la creatura, fragile certo, ma vera, che vuole vivere ed è capace di amare molto. Gesù non la condanna, non per depenalizzazione dell’adulterio che resta tradimento, ma perché quella donna non è il suo errore.
* Va’ e non peccare più. Toglie la donna dal suo passato e la restituisce al futuro, ad un pulito e nuovo progetto d’amore. Va’: devono ripartire la vita e il futuro da quel grembo. Ciò che conta, adesso, è andare (il Vangelo usa molte volte questo verbo: va’ e vendi quello che hai; va’ a riconciliarti col tuo fratello; va’ dai miei fratelli e dì loro…). Chiudo con una preghiera ritagliata da un giornale: «Non darmi, Signore, l’innocenza: è un miracolo che non so portare; conservala per i tuoi santi che sanno custodirla senza orgoglio. A me concedi la grazia di vederti mentre ti alzi in piedi davanti a me e mi parli, l’umiltà di lasciar cadere di mano tutte le pietre che avevo preparato, la gioia di sentirmi perdonato da te. E non lancerò mai più pietre» (E. Ronchi, Avvenire, 2007).

Omelia IV Domenica di Quaresima

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Chiesa parrocchiale di Soanne (RN) – 6 marzo 2016
 
Gs 5,9-12
Sal 33
2Cor 5,17-21
Lc 15,1-3.11-32

Dopo aver proclamato una pagina così di Vangelo, non diciamo più che il Dio di Gesù è il medesimo delle altre religioni! Certo Dio è uno ed unico, non ve n’è altri. Ma i tratti del volto di Dio come ci vengono presentati, ad esempio in questa pagina, sono di una tale originalità e singolarità da stupirci ogni volta; ci fanno esclamare con audacia e confidenza: «Papà!». Un Dio che eccede nell’amore e nella misericordia, che sorprende, turba, disarma, converte, conquista, abbraccia, fa crescere. Una eccedenza che mette in difficoltà la teodicea stessa. Nell’Islam vengono proclamati con devozione i novantanove nomi di Dio; il centesimo – dice la loro tradizione – verrà svelato in paradiso… Ai cristiani è svelato ed è motivo e senso della loro vita: essere figli!
Ci vuole coraggio ad esser figli. Talvolta è più comodo esser serviccolo; prepariamo il suo ritorno; prendiamoci cura di lui. Fagli da padre e da madre.a dire: mettiti con me; cerchiamo il più p: «hai meno responsabilità; esegui e sei a posto; se rompi paghi; hai le tue ore di reperibilità e per il resto sei libero». Oggi siamo invitati a considerare il nostro grado di coinvolgimento nella relazione filiale. Lo possiamo fare rileggendo più volte la parabola del Figliol prodigo (più esattamente del Padre misericordioso).
Gesù presenta un papà giovanile, intraprendente, dal cuore grande e, soprattutto, capace di suscitare gioia, fino ad organizzare una festa coi fiocchi, dove c’è buona musica e si balla: su, presto, facciamo festa! In tutto il capitolo il termine gioia appare ben nove volte. Ci avviciniamo al padre da due punti d’osservazione: da quello del figlio più giovane e da quello del figlio maggiore. Il figlio più giovane vuole la sua parte di eredità; di solito la divisione del patrimonio avviene alla morte del genitore: simbolicamente quel figlio ha decretato la morte di suo padre. Vuole la sua parte per essere autonomo ed emancipato. Scoprirà ben presto che un conto è il divertimento, un conto la gioia. L’esplosione completa della gioia si avrà al suo ritorno, quando cadrà tra le braccia del padre. Il padre che, a malincuore, l’ha lasciato partire, ora lo accoglie senza risentimento. Ci domandiamo: perché il padre ha accettato la partenza del figlio? Il narratore – Gesù – ha messo abilmente in moto la nostra curiosità. Del padre vorremmo sapere tutto: i suoi sentimenti, i pensieri del suo cuore, la passione che scuote la sua compostezza orientale… Ma la gioia del padre è improvvisamente freddata dall’atteggiamento del figlio maggiore indispettito per il ritorno del fratello. Probabilmente non ha mosso un dito per rintracciarlo, tenere i contatti (non è questo quello che solitamente fa il fratello maggiore?) e adesso non si lascia coinvolgere nella festa. Il padre lo disarma: Figlio, tutto quello che è mio è tuo. Se questo è vero per i beni patrimoniali, non sarà altrettanto per i beni affettivi e spirituali? Il padre sembra dire: mettiti con me; cerchiamo il più piccolo; prepariamo il suo ritorno. Fagli da padre e da madre. A proposito: in questo racconto “di famiglia” manca del tutto la figura femminile. Alcuni commentatori la rintracciano in quella commozione viscerale del padre, espressa dall’evangelista col termine greco che indica il grembo materno.
Due notazioni conclusive. Riguardo al figlio minore: anche nell’ultimo naufragio (senza amici e compagnia, completamente al verde, lontano, tra i pagani e guardiano di maiali, a pancia vuota) rimane nel cuore un santuario di nobiltà: allora rientrò in se stesso; e nel fondo di sé il figlio trova l’immagine del padre.
Riguardo al figlio maggiore: l’uomo dei rimpianti, onesto e infelice; non ama quello che fa, lo subisce e il cuore è assente. Vive da salariato, non da figlio! Ci vuole coraggio ad essere figlio. Ci vuole coraggio ad essere fratello!

Stazione giubilare a Talamello

Esercizi Spirituali per coppie di sposi