Omelia Domenica di Pasqua

Omelia di S.E. Andrea Turazzi

Cattedrale di San Leo, 27 marzo 2016

At 10,34.37-43
Sal 117
Col 3,1-4
Gv 20, 1-10

1.
Si può ben immaginare, dopo la fine ingloriosa del loro Messia, con quale tristezza i discepoli abbiano celebrato la grande festa di Pasqua, la Pasqua ebraica. «Noi speravamo…», ma le cose sono andate diversamente. Si trattava di ricominciare non solo una nuova settimana, ma una nuova vita: una vita da sconfitti, da disillusi, all’oscuro di ciò che poteva accadere loro. Parliamo dei fedelissimi della prima ora, che però se la sono svignata in quel tragico venerdì.
Il buio che l’evangelista annota nella narrazione riguardante Maria di Magdala che, di buon mattino va al sepolcro, non è una semplice annotazione temporale, ma fotografa il suo cuore e quello dei discepoli. Maria va a piangere la fine delle speranze sue e del gruppo. Va a piangere sulla tomba del caro estinto. Ma ecco improvvisamente l’incredibile: la pietra è stata ribaltata e la tomba è vuota. Le emozioni traspaiono appena: il racconto giovanneo è forse il più laconico bollettino di vittoria che sia mai stato scritto.

2.
L’evangelista Giovanni è tutto intento al senso degli avvenimenti che sta narrando, dobbiamo coglierne le sfumature.
Notiamo anzitutto la progressione dei verbi che esprimono l’esperienza di quel mattino vissuta da Maria, dal Prediletto (Giovanni) e da Pietro. Nella traduzione italiana non si colgono le sfumature. Bisogna riferirsi alla lingua in cui è stato scritto il Vangelo: il greco. Maria vede (il verbo adoperato è blépo), si tratta della semplice percezione oculare di un oggetto; è un vedere ancora distante dalla fede (successivamente Maria si aprirà alla fede completa). Pietro scruta (verbo theoréo), guarda con fascino ed interesse, ma non è ancora fede anche se l’animo è ben disposto. Giovanni contempla (verbo orào): è la visione profonda della realtà, la comprensione totale e risolutiva: la visione di fede. Per questo l’evangelista aggiunge al verbo vedere (contemplare), il verbo credere, infatti nel suo Vangelo vedere e credere sono sinonimi.
Queste non sono sottigliezze per pochi esperti… semplicemente ci viene detto come il Signore risorto guida progressivamente la sua comunità alla comprensione profonda del suo mistero: da uno sguardo soltanto esterno ad uno sguardo profondo, dall’incredulità e dal dubbio alla piena adesione di fede, dalle tenebre alla luce.
Questo è anche il senso della corsa dei due apostoli al sepolcro, quasi una gara. Varie le interpretazioni su questa corsa: per alcuni rappresenta il dubbio contro l’amore; per altri la competizione giovani-adulti; per altri ancora il primato delle Chiese greche (Giovanni) su quelle palestinesi (Pietro), o, addirittura, il primato della Chiesa carismatica su quella istituzionale… È più normale pensare ad un ricordo personale dell’evangelista testimone-autore. Se Giovanni aspetta Pietro, è per il primato che già gli apostoli gli riconoscono. E se Pietro ha solo constatato, non è detto che poi non abbia, a sua volta, creduto.
Giovanni, Pietro e poi Maria di Magdala e a seguire tutto il gruppo dei discepoli crederanno pur senza vedere. Sarà quello che Gesù chiederà a Tommaso otto giorni dopo. I discepoli hanno visto tanti segni che accreditano Gesù come Messia, hanno potuto toccare con mano la verità delle Scritture. Perché mai tanta ansia di volere altri segni, altre prove, altri miracoli… Non basta la testimonianza delle Scritture? E’ il delicato rimprovero che il Vangelo rivolge ai lettori. Conosciamo le Scritture? Le amiamo? Ce ne nutriamo?

3.
Un’ultima notazione: ricorre nel brano, diverse volte, il verbo correre: Maria di Magdala corre per dire ai discepoli che è stata ribaltata la pietra davanti alla tomba; corrono Giovanni e Pietro; Giovanni però corre più forte; poi tornano immediatamente a casa per avvertire gli altri. Al crescere della fede corrisponde una crescita della testimonianza. Un tema che sarà centrale nei versetti successivi, ma qui abbiamo l’inizio, la prima scintilla! È interessante vedere come l’evangelista – e la Chiesa primitiva con lui – pone una donna come “prima testimone” del fatto fondamentale della fede cristiana. In questo dimostrano coraggio: nel contesto culturale giudaico la testimonianza di una donna non veniva considerata. Ironia giovannea: l’annuncio di Maria è solo apparentemente il trafelato resoconto di una donna impaurita, ma in realtà essa è vera e propria testimone cristiana: colui che hanno portato via (allusione alla morte in croce) ed ora risorto, è il Signore! La Chiesa non farà che continuare ininterrottamente, specialmente con la propria condotta di vita, la testimonianza di Maria di Magdala. Il coraggio della Pasqua! Quanto è necessario in questi giorni di sangue e di paura.

Omelia Veglia di Pasqua

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 26 marzo 2016

Lc 24,1-12

Notti di passione e di amore. Notte di luce, questa! I misteri che stiamo celebrando non possono che strapparci l’acclamazione con tono sempre più alto che, annunciato poco fa al vescovo, dal vescovo è stato innalzato con tutti voi: Alleluia!
Una parola sui riti così eloquenti e splendidi. La benedizione del fuoco, la cui scintilla balza dal sasso come il Risorto dal sepolcro e si fa fiamma, una fiamma che procede col cero pasquale che si fa fiume di luce attraverso voi tutti, seguaci di Cristo, illuminando la Chiesa e il mondo.
Poi, il canto dell’Exultet, o annunzio o Vangelo pasquale, cantato con stupita, attonita e incontenibile gioia. Il riascolto della storia della salvezza attraverso le pagine della Sacra Scrittura, una storia che arriva sino a noi, e oltre, e che ci coinvolge con i riti che seguiranno: quello dell’acqua del Battesimo e quello dell’Eucaristia che ci unirà tutti al Signore tra noi. Da questa notte, da questa Veglia, la Chiesa e il mondo risuonano di questo Alleluia carico di meraviglia, di riconoscenza, di gratitudine, di fede ed amore. Allelu, lodate; Ia, Dio. «Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento. Lodatelo per le sue imprese, lodatelo per la sua immensa grandezza. Lodatelo con il suono del corno, lodatelo con l’arpa e la cetra. Lodatelo con tamburelli e danze, lodatelo sulle corde e con i flauti. Lodatelo con cimbali sonori, lodatelo con cimbali squillanti. Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia» (Sal 150).
Questa semplice e densissima parola ebraica – Alleluia – è stata la preghiera di Gesù nella sua Pasqua. I Vangeli notano che uscì dal Cenacolo, compiuta l’istituzione dell’Eucaristia, dopo aver cantato l’inno, ossia il gruppo dei salmi alleluiatici della Pasqua. Gesù, quella sera, cantò il grande Hallel, l’Hallel egiziano, a ricordo dell’uscita del popolo di Israele dall’Egitto.
Gesù cantò se stesso perché, tra poco, sarebbe andato incontro alla morte e sarebbe sfuggito al suo dominio con la risurrezione. Egli cantò la sua vittoria sul peccato e cantò l’inaugurazione della vita nuova.
Gesù aveva detto nella sua preghiera sacerdotale, indugiando nel Cenacolo: «Padre, è giunta l’ora. Glorifica il figlio tuo, perché il figlio tuo glorifichi te. Poiché tu gli hai dato il potere su ogni essere umano perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,1-3).
Gesù conosceva il Padre e ne possedeva la vita. Nella risurrezione, questa vita egli ha conquistata nella gloria con la facoltà di comunicarla a quanti credono in lui e lo amano. Egli, nella risurrezione, è il donatore della vita.
Alleluia, per noi che dal Battesimo, mistica sepoltura, siamo emersi alla sua vita. Alleluia, per quanti accolgono in sé il sigillo dello Spirito Santo e il corpo e sangue del nostro Redentore.
Alleluia, nessuna parola è più adeguata ad esprimere i nostri sentimenti di questa notte, sentimenti che riecheggiano nel libro dell’Apocalisse. La Chiesa ne ha fatto un cantico, colmo, straripante di Alleluia, per tutte le domeniche che sono la Pasqua settimanale.
«Alleluia. Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; veri e giusti sono i suoi giudizi. Alleluia. Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi. Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Alleluia. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria. Alleluia. Sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta» (Ap 19, 1-7).
Una esplosione di Alleluia. Ma questo Alleluia non basta lanciarlo al cielo con la voce, occorre testimoniarlo con la totalità della nostra vita. Bisogna essere un “Alleluia vivente”. Non siamo forse chiamati ad essere come dice San Paolo, «ad laudem gloriae»? (cfr. Ef 1,6.12.14).
Un filosofo celebre ha scritto: «Bisognerebbe – dice parlando dei cristiani – che mi cantassero qualche canto migliore, perché io potessi credere al loro salvatore. Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un’aria più da salvati» (F. Nietzsche, Così parlò Zaratustra, Dei preti). Vorrei che questa sera Nietzsche fosse qui a constatare la gioia dei nostri Alleluia. E – perché no? – a cantare, insieme a noi e a tutti quelli che la pensano come lui, l’Alleluia di Pasqua.

Omelia Venerdì Santo

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 25 marzo 2016
 
Is 52,13- 53,12
Sal 30
Eb 4,14-16; 5,7-9
Gv 18,1- 19,42

Il celebrante si è steso a terra sul pavimento aprendo così la Solenne Azione liturgica del Venerdì Santo.
Ha espresso i sentimenti della Chiesa sposa verso Gesù, lo Sposo. Stare distesa con lui, almeno un poco, sul letto della croce. Per dirgli che cosa? Kyrie, eleison!, l’invocazione di lingua greca rimasta per millenni nella nostra liturgia. Kyrie, Signore; eleison, forma imperativa: Abbi pietà.
Oggi, Venerdì Santo, è la preghiera che sale dalla terra, da tutta la terra.
È una supplica accompagnata da pianti e da singhiozzi; è un’invocazione, un’implorazione, preghiera che si fa grido in questi giorni difficili, di lutti e di paura. Giorni nei quali la preghiera intercetta il grido del sangue che sale dalla terra, sparso ingiustamente. È una preghiera che riassume bene lo Spirito di quest’Anno Santo: «Pietà, misericordia». Vi è condensata l’implorazione dell’Antico Testamento: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia: nella tua grande bontà cancella il mio peccato; lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato» (Sal 50, 3-4).
Quante volte questa supplica è stata rivolta a Gesù; una polifonia!
«Figlio di Davide, abbi pietà di noi», urlano dalla loro oscurità i due cechi mentre seguono Gesù (Mt 9,27).
«Pietà di me, Signore, figlio di Davide», grida la donna cananea per la figlia tormentata dal demonio (Mt 15,21).
«Signore, abbi pietà di mio figlio», lo prega un uomo in ginocchio per suo figlio epilettico (Mt 17,15).
«Gesù, maestro, abbi pietà di noi», dicono alzando la voce dieci lebbrosi (Lc 17,13).
«Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me», per ben due volte e gridando sempre più forte, prega il cieco di Gerico (Lc 18,38-39).
«O Dio pietà di me, peccatore», sussurra battendosi il petto il pubblicano nella parabola (Lc 18,13).
Potrei continuare… davanti a Gesù crocifisso la liturgia, al momento dello scoprimento e dell’adorazione della croce, ci farà pregare così: «Santo, forte, Dio immortale, abbi pietà di noi: Kyrie, eleison!».
Ci facciamo interpreti dell’umanità carica di colpe, schiacciata dal peso del peccato, talvolta ignara della sua situazione. Guardiamo al Signore, unica fonte di perdono, di riconciliazione, di salvezza e di vita e attendiamo…
Già al popolo di Israele Dio si è rivelato come misericordia, pazienza, longanimità, amore, tenerezza; così a Mosè: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato…» (Es 34,6-7).
Nel Salmo 58,17-18 “Misericordia” è persino il nome di Dio! «Dio, misericordia mia! Amore, tenerezza mia, tutto il mio bene».
Con la venuta di Gesù, la misericordia di Dio irrompe tra gli uomini e trionfa!
Da Maria, la fanciulla di Nazaret, a San Paolo, a San Giovanni, tutti cantano questa vittoria del perdono sul peccato, della luce sulle tenebre.
«Per mille generazioni», dice Maria, ma diremmo ancor più… per quella misericordia di cui Egli non si dimentica (cfr. Lc 1,54).
Anche noi, catena in questo susseguirsi di generazioni che lo amano, ci rivolgiamo a questa Misericordia, con la breve formula greca, così abituale, famigliare, cara alla nostra liturgia: Kyrie eleison!
Kyrie (Signore): Tu sei il Signore, o Gesù, tu sei il Dio forte, il Santo, l’Immortale!
Noi ti confessiamo Signore! Anche nel vederti Agnello sgozzato, ucciso. Crediamo alla tua debolezza, alla tua impotenza, alla morte che ti ha annientato. Ma sappiamo che la tua impotenza è potenza, onnipotenza!
Crediamo che la tua morte vince la morte e dà a noi la vita. Tu sei l’Agnello che porta il peccato del mondo e che non solo lo porta, ma lo toglie e distrugge.
Eleison (pietà): ci affidiamo a te perché tolga il peccato dai nostri cuori, dal cuore del mondo. Non pensiamo che sia troppo grande la colpa degli uomini perché non abbia da incontrare il tuo perdono (cfr. Gen 4,13). Tu sei più grande del nostro cuore (cfr. 1Gv 3,21). A te ci arrendiamo, a te ci consegniamo. Tra un attimo ti copriremo di baci. Kyrie eleison!

Omelia Giovedì Santo “in coena Domini”

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 24 marzo 2016

Es 12,1-8.11-14
Sal 115
1Cor 11,23-26
Gv 13,1-15

Ore di amore e di passione.
Con la Chiesa sposa col suo sposo.
Tre sere di veglia e di contemplazione.
Certo: non lasceremo fuori dalla preghiera le ore drammatiche che sta vivendo l’Europa; non dimenticheremo i problemi etici che affliggono la nostra società, né le preoccupazioni pastorali che allertano la Chiesa oggi.
E tuttavia – nella nostra preghiera – predominerà la contemplazione dello Sposo.
Questa sera siederemo alla mensa di Gesù come gli Apostoli nel Cenacolo. Ci distenderemo, domani sera, con lo Sposo sul letto della sua croce. Scatteremo in piedi, alzando le nostre mani al canto degli Evviva! sabato notte.
Questa sera, sedendo a tavola con Gesù (come facciamo ad ogni Messa), canteremo Osanna! Domani sera, prostrati, invocheremo Kyrie Eleison! Festeggeremo, sabato nella Veglia pasquale, cantando infiniti Alleluia.
Osanna, Kyrie eleison, Alleluia: tre parole di cui dobbiamo scoprire e gustare il significato; tre parole che vengono da lontano, che non appartengono alla nostra lingua. Ci ricordano che noi siamo stati graziati da una prima evangelizzazione.
Eravamo olivo selvatico; successivamente siamo stati innestati nell’olivo buono (cfr. Rom 2,24).
Domenica scorsa (domenica delle Palme) con i fanciulli ebrei e con la gente di Gerusalemme siamo andati incontro al Signore cantando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il figlio di Davide, il re di Israele! Nel più alto dei cieli. Osanna!» (cfr. Marco 11,9-10; Lc 19,37-40; Mt 21,9-11).
C’è chi si stupisce per tanto chiasso attorno a Gesù.
C’è chi vorrebbe imporre silenzio, ma «griderebbero le pietre!» (Lc 19,40).
C’è chi saluta Gesù re; ma egli corregge immediatamente l’acclamazione respingendo, ancora una volta, l’idea di un messia guerriero trionfatore. Egli sale su un asinello e si presenta quale messia dei poveri, degli umili, di coloro che pongono la loro fiducia solo in Dio.
Questa sera, prima di sedersi a tavola con noi, Gesù si toglie la veste, indossa il grembiule del servo e si mette a lavare i piedi dei suoi amici. Ecco il messia per il quale cantiamo Osanna!
Osanna! è una parola ebraica, l’abbiamo gridata domenica scorsa, ma la cantiamo in ogni Messa. È una preghiera. Nell’Antico Testamento esprime la domanda di aiuto rafforzata dal suffisso “na”, equivalente al nostro “dai” (come si dice qui in Romagna). «Salvaci, dai!». Ben presto questo grido di aiuto s’è trasformato in un grido di festa, un’ovazione. Chiedi salvezza e già l’hai ottenuta!
Tradurre Osanna! con Evviva! è ancora poco, meglio pensare agli Urrà fragorosi di una folla.
C’è un salmo che inquadra il nostro Osanna! e lo illustra attivamente. È un salmo col quale il popolo canta il corteo di trionfo del suo re, del suo Dio.
«Grida di giubilo e di vittoria…la destra del Signore ha fatto meraviglie… Non morirò, resterò in vita… la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo, ecco l’opera del Signore… Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso…». E questi i versetti che più ci interessano: «Dona (“dai!”), la tua salvezza, Signore (Osanna), dona (“dai!”), Signore, la tua vittoria (Osanna). Nel nome del Signore benedetto colui che viene» (Sal 117(118), 25-26).
In questa prospettiva facciamo riecheggiare il nostro grido, invocazione e acclamazione, all’inizio della prece eucaristica, quando il Signore, Colui che viene, è atteso e accolto dal cuore dei suoi fedeli. «Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo… I cieli e la terra sono pieni della tua gloria».
Quindi: «Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli». Cantiamola questa preghiera, con le labbra e coi nostri cuori, in questa sera speciale e tutte le volte che ci accostiamo all’altare in offerta e dono al nostro sposo. Osanna! grido di soccorso: «Dai, aiutaci Signore!». «Dai, salvaci, Signore!».
Osanna! grido di vittoria. Il Signore, re vittorioso, viene a noi, Urrà! con le conquiste della sua morte e risurrezione. Viene con la dote nuziale: Urrà!
Grido di gioia, di riconoscenza, di fede nel suo amore sconfinato e pazzesco. Evviva, anzi, Urrà!

Omelia Santa Messa Crismale

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 24 marzo 2016

Is 61,1-3.6.8-9
Sal 88
Ap 1,5-8
Lc 4,16-21

«Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa». È il primo pensiero per questa liturgia crismale nell’Anno Santo, Giubileo della misericordia.
«La tua sposa, Signore, davanti alla eccedenza del tuo amore, davanti alle meraviglie della Pasqua e alla ricchezza dei tuoi doni nuziali, prova qualcosa di simile allo stupore smarrito di Pietro dopo la pesca miracolosa e come lui dice: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore!» (Lc 5,8).
Allora, guarda alla fede oggettiva della tua Chiesa e non alle nostre preferenze liturgiche, teologiche, pastorali; non alle nostre emozioni o al nostro sentirci bene o sentirci a disagio È nella fede della tua Chiesa nella quale vogliamo essere ben edificati, nella quale vogliamo radicarci in profondità e nella quale espanderci nella testimonianza. Non tener conto delle nostre meschinità, dei nostri dubbi, delle nostre infedeltà. Dico di me: «Non guardare ai miei peccati, ai miei difetti, ma alla fede dei miei presbiteri sui quali hai effuso il tuo Santo Spirito, che hai consacrato con l’unzione e mandato a portare il lieto annuncio ai poveri» (cfr. Is 61,1-3).
Ci siamo riuniti per celebrare il triplice dono pasquale: l’Eucaristia, il sacerdozio, il comandamento nuovo. È la nostra Pasqua; festa di famiglia, perché formiamo un solo presbiterio unito da un vincolo irrevocabile e sacramentale. Nessuno si tiri indietro, nessuno ci privi del dono della sua presenza né oggi, né nelle altre occasioni d’incontro.
Godiamo insieme dei frutti di questo Anno Santo. Godiamone insieme ai nostri fratelli consacrati e laici. E poiché è festa di famiglia, prendiamo spunto dai ricordi di casa. Ricordiamo i sacerdoti che ci hanno lasciato in questi mesi: ben quattro!
Per loro l’espressione della gratitudine: «Hanno faticato molto per il Signore» (cfr. Rom 16,6)) e per la sua Chiesa. Per loro la nostra preghiera di suffragio. Pur con le loro singolarità, coi tratti della formazione ricevuta, con il logorio dei tanti anni di ministero «portando il peso della giornata e il caldo» (direbbe Gesù, cfr. Mt 20,12), sono stati una “parola viva” del Vangelo per tutti e, per noi confratelli, rappresentazione di qualche aspetto della vocazione sacerdotale. Una eredità da custodire. Pagine di teologia del sacerdozio.

Don Edoardo Barlassina ci ha ricordato come Gesù – l’unico sacerdote – chiede al suo ministro di condividere prima opere e giorni, andando e predicando di villaggio in villaggio, accostando persone e situazioni, e poi di essere imitatore della sua vita nascosta, nel silenzio, nel nascondimento, nella preghiera nota solo a Dio. È questo il momento nel quale il Signore chiama ancor più vicino a sé per far rivivere passione e morte, per celebrare il sacrificio da lui offerto con la sua esistenza. E questo nella prospettiva luminosa della Risurrezione.
Don Edoardo, celebre per le sue barzellette e freddure, ci ha però elevato a questi orizzonti. È più importante, più fecondo, per noi e per gli altri, il nostro fare, pur intelligente, zelante, gratificante, o è più proficuo ed edificante quello che il Signore può domandarci nella rinuncia, nell’impotenza, nel sacrificio, nella croce? Don Edoardo fu più dono alla diocesi nei quaranta anni di vita attiva o negli altri dieci di vita nascosta?

Don Giuliano Sarti, un prete semplice, contemplativo, a servizio in piccoli posti, è stato un giullare che ha saputo cantare anche sul letto di morte, in attesa del suo Signore. Uno degli effetti dell’Eucaristia è lo spirito di giovinezza: «Verrò all’altare di Dio – canta il Salmo 42 – al Dio che rinnova la mia giovinezza» (v.4). Si va avanti negli anni, ma si avanza nella giovinezza dello Spirito. Don Giuliano pur con le asperità del suo temperamento e con le sue impennate ci ha ricordato lo Spirito delle beatitudini. Ad esempio, «beati gli operatori di pace». Una beatitudine che don Giuliano ha espresso nella fedeltà al confessionale che, in pratica, è fedeltà al nascondimento, al buio, alla monotonia, al segreto. Lì il perdono, la pace, la crescita nel continuo confronto di sé con Cristo. Lì ogni sacerdote diviene testimone stupito degli incontri e dei colloqui di Dio con le anime.
Lì il sacerdote è dispensatore dei misteri divini (cfr. 1Cor 4,1). Ci sarebbe da essere presi da timore e poi dal desiderio di dar gloria a Dio che ha dato agli uomini un tale potere: rimettere i peccati e risuscitare la grazia. Donare pace. Beati gli operatori di pace!

Don Egel Morilla ci ha riproposto la vita sacerdotale come viaggio per la missione, nella prospettiva di fede di Abramo. La sua vita è stata un lungo viaggio, dall’Argentina alla Repubblica di San Marino.
Anche per noi – bambini o giovani – tutto è iniziato con le parole dette da Dio ad Abramo: «Parti. Esci dalla casa di tuo padre, dalla tua terra per un paese che ti indicherò. Sarai una benedizione» (cfr. Gen 12,1-2).
L’avventura di un prete è una benedizione: egli benedice in nome di Dio, è ministro della grazia sacramentale di Cristo, proclama la Parola, riunisce e guida la comunità, è un segno e una provocazione nella società secolarizzata. «Lasciate un paese senza prete – diceva il Santo Curato d’Ars – e vedrete in quali condizioni lo ritroverete». La ragione più profonda del prete-benedizione sta nel mistero profondo della sua vocazione (mistero che sfugge ai sociologi, agli psicologi, agli opinionisti), e precisamente nell’essere una esistenza offerta, conforme al Sacrificio del suo Signore che celebra sull’altare. Ci sovviene, allora, un’altra pagina sulla vicenda di Abramo: Dio gli chiede il sacrificio di Isacco, suo figlio. Per don Egel e per ciascun sacerdote come per Abramo inizia, allora, un viaggio in salita e drammatico: distacco dai propri programmi, perfino dalle opere dell’apostolato e calo della salute…
Le membra del sacerdote sono le membra della redenzione con l’offerta del quotidiano servizio alla propria gente, con la corrispondenza al dono del celibato, con il fedele rimanere aggrappato alla croce di Cristo e sono membra della Redenzione, ancor più alla fine.

Infine, don Franco Ferrerio, uomo spirituale, ruvido talvolta, ma sulla breccia fino all’ultimo. Ci ha insegnato come «la pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d’angolo» (cfr. Sal 118,22-23). Il Signore ha in cuore per la sua vigna nuovi operai al posto dei primi vignaioli che non l’hanno accolto (cfr. Mt 21,33-44).
Dio ha stima di noi, a dispetto di noi stessi!
Ricava dai nostri errori e dalle nostre fragilità beni migliori; sui nostri sgarbi ricava affreschi sorprendenti.
Grazie a questi sacerdoti. Solo esistenze di sofferenza e di vertigini? No di certo. Sono state esistenze ricche di consolazioni, di amicizia e, soprattutto di prossimità del Signore.
L’anno scorso erano qui con noi, ora sono concelebranti nella liturgia del Cielo.
E adesso rinnoviamo davanti ai nostri fratelli e alle nostre sorelle qui presenti, con la generosità e l’incanto della prima volta, le promesse sacerdotali, la promessa di essere ultimi e servi di tutti, di essere consolatori del popolo di Dio, di essere custodi della memoria del Signore, misericordiosi e degni di fede, di essere perseveranti nell’intercessione, di essere uniti alla vittima pura.
Quella volta, nel Cenacolo, Gesù chiese agli Apostoli – che avevano perseverato con lui nelle sue prove – «quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla!» (Lc 22,28-35).
Sarà così anche per noi.
Cari fedeli che siete a celebrare con noi la consacrazione dei sacri oli e del crisma, grazie per la vostra preghiera per noi.
Un grazie particolare – forse l’avete dimenticato ma io ne conservo un ricordo vivo e commosso – per il vostro nuovo applauso quando nell’autunno scorso avete sottolineato la gratitudine verso i sacerdoti come ministri della misericordia e della Riconciliazione.
Ci ritroveremo tutti insieme laici e sacerdoti, giovani e adulti, a fine anno pastorale, l’11 giugno, per celebrare una assemblea diocesana nella quale ringraziare il Signore dei suoi doni, chiedere perdono delle inconsistenze, ripartire con nuovo slancio: «Eccoci!».

Messaggio per la Pasqua

Io sto con loro

Lunedì sera avevo finito di firmare centinaia di biglietti augurali. Avevo concluso ogni messaggio con l’augurio di una Pasqua piena di luce. Il mattino seguente, dopo aver imbucato, mi arriva la notizia dei vili attentati di Bruxelles: è una Pasqua piena di sangue. Mi indigno. Protesto. Cerco di capire. Prego. Eppure mi ostino a pensare che sarà comunque una Pasqua piena di luce perché carica dell’evento che celebra. Vorrei si insinuasse nella voragine di dolore di chi sta piangendo. La Pasqua non è celebrazione di un anniversario, di un ricordo. La Pasqua è vita nuova che è entrata irrevocabilmente in circolo, che ne siamo consapevoli o meno. Lo sente ogni uomo; lo esperimenta nel suo cuore quando ama. I cristiani credono che Gesù, innocente crocifisso, è risorto ed ha spalancato per tutti una breccia oltre il buio della morte, dell’ignoto, del peccato. Con la sua risurrezione penetra nella storia, soffia nelle nostre fragili esistenze, incoraggia cammini di pace, suscita solidarietà, non ammette rese e paure, invita alla sobrietà, perché la vita dell’uomo non dipende dai suoi beni. Il libro della Genesi si chiude con le parole di Giuseppe, il giusto perseguitato: «Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene…» (Gn 50,20). Il film “Schindler list” finisce con queste parole: chi salva un uomo, salva l’umanità”. L’aveva già scritto San Giovanni della Croce: un atto di puro amore salva il mondo intero”. Molti, in questi giorni difficili, ci stanno provando. Io sto con loro!

+ Andrea Turazzi

Giornata dell’Università Cattolica

Concorso IfeelCUD

CONCORSO “I FEEL CUD” 6° edizione – Anno 2016
www.ifeelcud.it

REGOLAMENTO

Art. 1 – Il concorso
Il Servizio C.E.I. per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica (SPSE), in collaborazione con i Caf Confartigianato, indice il concorso “I feel CUD” 6° edizione. Il concorso coinvolge le comunità parrocchiali d’Italia nella promozione 8xmille dell’Irpef e nella realizzazione di progetti sociali.
Le parrocchie sono chiamate a ideare un progetto di utilità sociale a favore della propria comunità e organizzare un evento di sensibilizzazione e promozione della partecipazione alla scelta della destinazione dell’8xmille dell’IRPEF.

Art. 2 – Periodo di validità
Il concorso si svolge dal 01/03/2016 al il 30/05/2016. Le iscrizioni sono attive online dal 01/03/2016.

Art. 3 – Chi può partecipare
Il concorso si rivolge ai parroci delle parrocchie d’Italia e ai parrocchiani maggiorenni (18 anni compiuti alla data del 01/03/2016).

Art. 4 – Meccanismo del concorso
Per partecipare al concorso ad ogni parrocchia viene chiesto di:

1. iscrivere la propria parrocchia online sul sito www.ifeelcud.it e formare un gruppo coordinato da un responsabile che sarà il parroco o una persona delegata dal parroco (vedi art. 6);

2. ideare un progetto con finalità sociali per migliorare la vita della propria parrocchia da presentare compilando il documento denominato “allegato Il Progetto” disponibile online. Il documento dovrà descrivere l’iniziativa che si intende realizzare e dettagliare la ricaduta positiva del progetto sulla propria comunità parrocchiale. Ogni parrocchia può partecipare presentando 1 Progetto;

3. organizzare un evento di promozione dell’8xmille nel periodo marzo-maggio 2016 tenendo conto delle linee guida presenti nella sezione “Evento” del sito www.ifeelcud.it (vedi art. 7);

4. documentare l’evento realizzato tramite un video oppure in alternativa un fotoreportage. Realizzare un video oppure un fotoreportage è vincolante ai fini della partecipazione al concorso. È auspicabile che il video o le foto mostrino i luoghi dove si è svolto l’evento e le persone intervenute (partecipanti e relatori). Il video dovrà avere la durata massima di 2 minuti. Il fotoreportage dovrà contenere almeno 6 foto accompagnate da una descrizione complessiva dell’evento (massimo 1 foglio A4). Nel caso si voglia realizzare un video, si potrà concorrere anche alla vincita di un premio aggiuntivo per il miglior video (vd art 5.). È possibile partecipare al premio aggiuntivo solo con il video e non con il fotoreportage.

Art. 5 – Premi e criteri di vincita
Saranno premiati 8 Progetti e 1 Video considerati più meritevoli dalla Giuria secondo i criteri di valutazione consultabili online (vedi allegato “Criteri di valutazione”). Il giudizio della Giuria circa la valutazione dei Progetti e dei Video è insindacabile. I premi consistono in un contributo economico da utilizzare esclusivamente per la realizzazione del Progetto presentato. Una volta individuate le parrocchie vincitrici, esse saranno ordinate in graduatoria in base alla valutazione del progetto da parte della Giuria secondo i criteri suddetti.

Di seguito l’entità dei premi:

– 1° premio: 15.000 euro
– 2° premio: 10.000 euro
– 3° premio: 8.000 euro
– 4° premio: 6.000 euro
– 5° premio: 4.000 euro
– 6° premio: 3.000 euro
– 7° premio: 2.000 euro
– 8° premio: 1.000 euro
– Premio della Giuria per il Video: 1.000 euro

Il premio della Giuria per il Video è cumulabile ad altri premi.

Art. 6 – Modalità di iscrizione e termini di partecipazione
Le parrocchie interessate a partecipare al concorso, una volta scelto un responsabile parrocchiale, nella persona del parroco o di una persona da lui incaricato, devono procedere all’iscrizione sul sito www.ifeelcud.it. Il responsabile parrocchiale provvederà alla compilazione di un apposito formulario dove inserirà tutti i dati richiesti. Nel caso in cui il responsabile sia una persona incaricata dal parroco, al momento dell’iscrizione dovrà confermare di aver ricevuto dal parroco l’autorizzazione a far partecipare la comunità parrocchiale. Il responsabile parrocchiale dovrà avere almeno 18 anni (compiuti alla data del 01/03/2016). Il rappresentante legale della parrocchia è il parroco. Al momento dell’iscrizione ciascun responsabile parrocchiale avrà accesso ad una pagina protetta da password dove poter scaricare i moduli e le liberatorie necessarie per la partecipazione (vedi art. 9 ), la musica utilizzabile a corredo del video e tutti i materiali utili ai fini del concorso e dell’organizzazione dell’evento. All’interno di questa pagina il responsabile del gruppo potrà anche caricare il progetto e la documentazione dell’evento.
L’iscrizione è gratuita. Le iscrizioni si apriranno il giorno 01/03/2016. Il Progetto e il Video o Fotoreportage dovranno essere caricati online entro la mezzanotte del 30/05/2016 sul sito www.ifeelcud.it, pena l’esclusione dal concorso. La proclamazione dei vincitori avverrà il 30/06/2016 tramite pubblicazione sul sito www.ifeelcud.it.

Art. 7 – Organizzazione dell’evento e raccolta delle schede allegate alla CU
Scopo dell’evento è promuovere la partecipazione consapevole dei fedeli alla firma per l’8xmille e far conoscere la quantità e varietà di opere realizzate grazie ai fondi 8xmille destinati alla Chiesa Cattolica in particolare nel proprio territorio oltre che in Italia e nel mondo. Per realizzare quest’opera di sensibilizzazione e rendicontazione è auspicabile che le parrocchie partecipanti promuovano le opere realizzate a livello diocesano grazie ai fondi 8xmille. È consigliato a questo scopo consultare la “mappa 8xmille” sul www.8xmille.it.
È possibile scaricare i materiali disponibili on line e richiedere altri materiali cartacei di promozione scrivendo a sovvenire@chiesacattolica.it oppure. Per maggiori indicazioni sulle modalità di organizzazione dell’evento e info sui materiali a disposizione delle parrocchie vedi la sezione “Evento”.
Durante l’evento i componenti del gruppo potranno raccogliere, tra la popolazione titolare di modello CU esonerata dall’obbligo della dichiarazione dei redditi le schede allegate ai CU compilate con la firma per destinare l’8xmille. La raccolta non è vincolante ai fini del concorso e non sarà oggetto di verifiche da parte della Giuria, ma è auspicabile. (Si definiscono titolari di modello CU tutte quelle persone che hanno percepito solo redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e che sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. In genere si tratta di anziani in pensione e giovani al primo impiego o comunque lavoratori dipendenti che non hanno altri redditi.
Le parrocchie potranno poi recapitarle in busta chiusa entro il 30/05/2016 ad un Caf Confartigianato sul territorio (vedi mappa pubblicata sul sito), che li ritirerà gratuitamente. È possibile consegnare le schede anche ad altri Caf, che però potrebbero chiedere un corrispettivo economico per il servizio. Sulla busta dovrà essere riportato il nome, cognome, codice fiscale del dichiarante e la dicitura completa “SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO, DEL CINQUE E DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF. È necessario inoltre portare al Caf anche copia della carta di identità e del codice fiscale del contribuente titolare di modello CU e una sua delega.

Art. 8 – Raccolta delle schede Unico come alternativa alle schede Cu
Qualora i titolari di modello CU non avessero a disposizione il modello e la scheda allegata per la scelta 8xmille, possono utilizzare in alternativa, la scheda allegata alle istruzioni del Modello UNICO Persone Fisiche (fascicolo 1), aggiungendo anche i propri dati anagrafici ed il Codice Fiscale. La scheda è scaricabile dal sito www.ifeelcud.it.

Art. 9 – Liberatorie e diritti musicali
Il Progetto dovrà essere accompagnato da:
– il modulo B “Dichiarazione liberatoria” compilato online in ogni sua parte dal responsabile parrocchiale (persona delegata dal parroco o il parroco).
– il modulo C “Liberatoria-autori” che ciascun partecipante alla realizzazione del video o foto dovrà compilare in forma cartacea. Il modulo è differente a seconda che il partecipante sia minorenne o maggiorenne. Il modulo è scaricabile dal sito www.ifeelcud.it e dovrà essere custodito e rimanere in possesso della parrocchia per essere esibito qualora il SPSE ne faccia richiesta, pena l’esclusione dal concorso.
Aderendo al concorso, gli autori dei filmati o fotoreportage cedono gratuitamente al SPSE i diritti di utilizzo delle immagini. L’SPSE si riserva di utilizzare tali filmati e fotoreportage per realizzare materiale promozionale.
I Video, qualora prevedano della musica di sottofondo, dovranno utilizzare solo ed esclusivamente i brani musicali messi a disposizione sul sito www.ifeelcud.it (poiché l’SPSE ne possiede i diritti musicali ai fini del concorso). I Video contenenti altra musica non verranno presi in considerazione e non potranno essere pubblicati on line.

Art. 11 – Giuria
I Progetti saranno sottoposti alla valutazione e al voto della Giuria secondo i criteri esplicitati nell’allegato “Criteri di valutazione” disponibile online. La Giuria è composta da membri del Servizio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica. Per consultare la struttura dell’ufficio cliccare qui: http://www.sovvenire.it/home/il_servizio_nazionale/00000057_Struttura.html

Art. 12 – Erogazione del contributo
Il contributo è previsto a copertura totale o parziale delle spese da sostenere per la realizzazione del progetto presentato dalla squadra vincitrice. I vincitori dovranno presentare entro il 30/09/2016 i preventivi di spesa al SPSE inviandoli via mail all’indirizzo p.falla@sovvenire.it. I preventivi dovranno essere congruenti al Progetto presentato pena la non erogazione del contributo. L’approvazione dei preventivi presentati avverrà entro circa il quindicesimo giorno lavorativo successivo alla loro presentazione. Le parrocchie vincitrici saranno tenute a contattare il Servizio promozione per accordarsi sulle modalità dell’erogazione dei contributi che avverrà entro il 12/12/2016 e comunque solo dopo l’invio di copia delle fatture attestanti i lavori eseguiti.

Art. 13 – Accettazione del Regolamento
L’iscrizione al concorso comporta l’espressa accettazione di tutti gli articoli in esso riportati.

Il cibo donato. Piccola storia della carità

Insieme con l’Africa