Omelia della Terza Domenica d’Avvento

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Santuario di Valdragone, 14 dicembre 2014

Gv 1,6-8.19-28
«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»

Racconto un’esperienza. Quella volta sono rimasto senza parole e, alla fine, con una profonda gioia nel cuore. Tra amici sacerdoti si dialogava su questa stupenda pagina di Vangelo. Dopo opportune considerazioni sul ruolo del Battista nella vicenda di Gesù, l’attenzione si è concentrata sulle parole da lui pronunciate; parole che ci sono parse particolarmente severe: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Parole severe perché colpiscono nel segno della nostra disattenzione. E’ vero: tante volte crediamo di credere. Ma conosciamo davvero Gesù Cristo? Scorgiamo i segni del suo passaggio accanto a noi? Riconosciamo il suo volto nei mille volti che si affacciano sul nostro presente?
Viene spontaneo collegare la provocazione del Battista alle parole di quanti, nella parabola del giudizio finale, fanno i conti davanti al Re: «Quando ti abbiamo visto affamato? Quando mai t’abbiamo visto assetato, nudo o malato?…».
Non rimane che confessare la disattenzione verso Gesù nel fratello. Racconto agli amici delle tante persone in difficoltà, degli ammalati, degli educatori perplessi, dei passanti (così numerosi) che bussano alla porta per un aiuto… Poi dichiaro candidamente il mio disagio perché incapace di sovvenire. Protesto poi per il peso delle mie difficoltà economiche, posso ben a ragione definirmi “povero” a mia volta. Non è male per un prete essere povero e partecipe delle sorti e delle preoccupazioni di tanti, ma, nel mio dire c’è amarezza ed un po’ di sfiducia. A questo punto uno degli amici riparte dalla Parola: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete» e spiega come certamente il Signore ci fa visita nel fratello che chiede solidarietà, ma si fa vicino anche nella generosità di chi dona, di chi ti sorprende con la sua bontà e ti sta accanto, di chi sa perdonarti, di chi ti incoraggia. Sono parole dette in modo tale da dare forza, consolazione e gioia: davvero in mezzo a noi sta uno che ci sorprende amandoci immensamente e con discrezione. Il cuore si riempie di fiducia. Ora capisco anche le prime parole del brano: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era…». Ed elenco i nomi dei tanti che mi sono vicini…
Chiedo – è una sfida – a tutti quelli che mi ascoltano: pronunciate nel cuore il nome di coloro che Dio ha mandato per voi: “Venne un uomo, venne una donna mandata da Dio: il suo nome è…”.

Omelia Veglia per la vita nascente

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Santuario di Valdragone, 14 dicembre 2014

Gv 1,6-8.19-28
«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»

Racconto un’esperienza. Quella volta sono rimasto senza parole e, alla fine, con una profonda gioia nel cuore. Tra amici sacerdoti si dialogava su questa stupenda pagina di Vangelo. Dopo opportune considerazioni sul ruolo del Battista nella vicenda di Gesù, l’attenzione si è concentrata sulle parole da lui pronunciate; parole che ci sono parse particolarmente severe: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Parole severe perché colpiscono nel segno della nostra disattenzione. E’ vero: tante volte crediamo di credere. Ma conosciamo davvero Gesù Cristo? Scorgiamo i segni del suo passaggio accanto a noi? Riconosciamo il suo volto nei mille volti che si affacciano sul nostro presente?
Viene spontaneo collegare la provocazione del Battista alle parole di quanti, nella parabola del giudizio finale, fanno i conti davanti al Re: «Quando ti abbiamo visto affamato? Quando mai t’abbiamo visto assetato, nudo o malato?…».
Non rimane che confessare la disattenzione verso Gesù nel fratello. Racconto agli amici delle tante persone in difficoltà, degli ammalati, degli educatori perplessi, dei passanti (così numerosi) che bussano alla porta per un aiuto… Poi dichiaro candidamente il mio disagio perché incapace di sovvenire. Protesto poi per il peso delle mie difficoltà economiche, posso ben a ragione definirmi “povero” a mia volta. Non è male per un prete essere povero e partecipe delle sorti e delle preoccupazioni di tanti, ma, nel mio dire c’è amarezza ed un po’ di sfiducia. A questo punto uno degli amici riparte dalla Parola: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete» e spiega come certamente il Signore ci fa visita nel fratello che chiede solidarietà, ma si fa vicino anche nella generosità di chi dona, di chi ti sorprende con la sua bontà e ti sta accanto, di chi sa perdonarti, di chi ti incoraggia. Sono parole dette in modo tale da dare forza, consolazione e gioia: davvero in mezzo a noi sta uno che ci sorprende amandoci immensamente e con discrezione. Il cuore si riempie di fiducia. Ora capisco anche le prime parole del brano: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era…». Ed elenco i nomi dei tanti che mi sono vicini…
Chiedo – è una sfida – a tutti quelli che mi ascoltano: pronunciate nel cuore il nome di coloro che Dio ha mandato per voi: “Venne un uomo, venne una donna mandata da Dio: il suo nome è…”.

Macerata Feltria Presepi

Omelia Solennità Immacolata Concezione

Omelia S.E. Mons. Andrea Turazzi

Santuario Madonna delle Grazie in Pennabilli, 8 dicembre 2014

«Cantate al Signore un canto nuovo perché ha compiuto meraviglie» (Sal 97).
Siamo pieni di gioia.
Celebriamo una tappa importante dell’Avvento: la solennità della Immacolata Ancella.
L’Avvento è un tempo liturgico che ci è particolarmente caro, perché segnato dalla impaziente preparazione del Natale, perché carico di risonanze, di armoniche famigliari e intime e particolarmente caro perché interpreta un sentimento universale di attesa: attesa di un nuovo inizio, di una rigenerazione, di una speranza. Quale attesa, dunque, se non di un Salvatore? Di lui, il Messia?
Sì, il nuovo inizio, la rigenerazione, la speranza è Gesù. Proseguiamo nella preparazione al Natale col ricordo della sua prima venuta a Betlemme nel Presepio, con l’attesa del suo ritorno perchè ci trovi come alberi pieni di frutti e con la premurosa vigilanza per accoglierlo ora.
Noi per disporci al Natale prepariamo cose. Dio ha preparato persone. Noi concentriamo l’attesa in quattro settimane, Dio ha preparato dall’Eternità il grembo di Maria. Infatti ha disposto la sua venuta tra noi per mezzo di una creatura umana, Maria.
«L’angelo Gabriele fu mandato da Dio… ad una vergine», una creatura umana che l’avrebbe reso partecipe della propria natura e gli consentiva di farsi uomo, uomo vero e reale, come tutti noi, eccetto il peccato.
Egli viene a noi, l’abbiamo sentito dal Vangelo dell’Annunciazione, dopo il saluto commosso dell’Angelo al mistero di Maria, colma di grazia; egli viene a noi tramite una creatura cosciente di sé, responsabile di un suo progetto di vita: «Come è possibile? Non conosco uomo», libera quindi, ma pronta nella sua maturità a rivedersi e a ridimensionarsi.
Egli viene a noi mediante una creatura consapevole di non bastare a se stessa, umile, aperta a disegni superiori, capace di abbandonarvisi con la persuasione di nulla perdere e di tutto ritrovare, immensamente migliorata e trasfigurata: «Eccomi, sono la serva del Signore, l’Ancella».
La strada seguita da Gesù per venire a noi, anche oggi è sempre la stessa. Dio viene all’uomo per mezzo dell’uomo e vuole, pertanto, una preparazione fatta dall’uomo, fatta da un essere umano.
Ma egli viene a noi ad opera di uomini che rispondono con slancio all’invito della sua vocazione e alla sublimità della sua missione; con slancio di uomini spiritualmente adulti, cristianamente formati. Penso agli amici che hanno fatto la scelta di impegnarsi nell’AC e che oggi rinnovano la loro adesione. Il Signore viene a noi con uomini che hanno appreso come non possono bastare a se stessi, come non possono essere felici e fecondi da soli, aperti ad abbracciare un Altro e a dirgli, rinunciando a sé: «Eccomi, sono la serva, l’Ancella».
Ognuno di noi prepari la propria anima all’incontro con Gesù nel suo nuovo Natale; anzi sia una preparazione condivisa in famiglia, nei gruppi, con amici e amiche nei luoghi di vita perché diventino come altrettanti “grembi” che mettono al mondo Gesù per l’amore reciproco. Fosse pure una stalla quel luogo – cioè il nostro cuore nel suo disordine o la nostra comunità nella sua confusione – ma con Gesù sarà presepio!

Seconda Domenica d’Avvento: Discorso per l’insediamento di don Gabriele Mangiarotti

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Pietrarubbia, 7 dicembre 2014

«Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,14)

Il primo saluto, questa sera – una sera importante per le nostre comunità – lo dobbiamo ai bambini che sono qui attorno all’altare. Con la loro presenza ci ricordano la misura e la gioia della nostra conversione «Se non diventerete come bambini…» (cfr. Mc 10,15; Lc 18,17; Gv 3,3).
La conversione consiste in una nuova nascita resa possibile dalla potenza del Signore che viene. Come tale, la conversione non è anzitutto uno sforzo dell’uomo, ma opera dello Spirito, pertanto non ha nulla di lugubre e di triste, ma è una esperienza gioiosa del Regno finalmente presente attraverso Gesù di Nazaret.
La conversione è il messaggio centrale della predicazione di Gesù. Gesù dice: «Convertitevi e credete al Vangelo», cioè credete alla bella notizia che la conversione è possibile! Il gesto di purificazione con l’acqua è comune a molte esperienze religiose; Giovanni Battista non si è limitato ad una semplice abluzione, ma immerse completamente i penitenti nell’acqua. Mediante questo bagno dichiarava la necessità di un cambiamento radicale di vita. Ne proclamò l’urgenza e la necessità. Riguardo alla conversione dobbiamo registrare lo scetticismo dei profeti che esclamavano: «Potrà mai un leopardo cambiare la picchiettatura del suo pelo? E un moro il colore della sua pelle?» (cfr. Ger 13, 23). Ma la missione di Giovanni è di preannunciare un battesimo di radicale trasformazione, quello di Gesù. Qui è l’inizio del Vangelo, la prima pagina! Ma è anche vangelo di un nuovo inizio: «Cieli nuovi e terra nuova» (cfr. 2Pt 3,13); tempo di una nuova nascita (cfr. Gv 3, 5).
Questa sera le nostre comunità che cantano per l’attesa del Natale, sono in festa anche per l’insediamento ufficiale del loro parroco, don Gabriele.
Cari fedeli, sono in dovere – e sento il bisogno – di esprimere il mio grazie e il mio augurio a don Gabriele. Egli sta in mezzo a voi in spirito di sacerdotale obbedienza, di obbedienza nel senso etimologico e teologico del termine. Viene con tutto se stesso, con fiducia nell’aiuto immancabile di Dio e con certezza dell’accoglienza, della fraterna carità e della collaborazione di tutti. Sono le premesse indispensabili per il compimento della volontà di Dio ed avere il conveniente sostegno in ogni attività da condurre per il consolidamento della comunità.
Varie volte nei Vangeli viene riportato l’imperativo di Gesù a quanti aveva risanato: «Presentatevi al sacerdote» (cfr. Lc 17,14; Mt 8,4). Il sacerdote, secondo Gesù, è persona necessaria. Nell’Antico Testamento il sacerdote accertava, ad esempio, la malattia della lebbra in vista dell’igiene pubblica ed eventualmente in vista della guarigione. Nel Nuovo Testamento il sacerdote non si limita ad una verifica, a un controllo: è incaricato in Gesù, a ridare quella salute che Dio solo può dare. «Presentatevi al sacerdote»… allora…
Accompagnerò, tra poco, don Gabriele al confessionale davanti a tutti: lo indicherò come ministro del perdono e della guarigione spirituale. Il sacerdote è necessario per la purificazione dalla lebbra dell’anima: il peccato. È cosa sorprendente, inaudita, ma è certa. Il peccato è rimesso da Gesù nella persona del sacerdote. «Dio ha dato tale potere agli uomini» (cfr. Mt 9,8). Per questo il sacerdote è necessario. «Presentatevi al sacerdote»…
Il sacerdote è necessario per avere, dopo la salute, la pienezza della vita. Egli, ed egli solo, può trasformare il pane nel corpo e il vino nel sangue, e donare così agli uomini, alla loro fame e alla loro sete, la vita stessa di Gesù. Lui solo, il sacerdote. Lui solo può dare l’Eucaristia, il pane della vita, la vita dell’anima e dell’eternità (cfr. Gv 6). Per questo il sacerdote è necessario.
Consegnerò a don Gabriele le chiavi del tabernacolo dove si custodisce l’Eucaristia, il tesoro più prezioso della Chiesa: Gesù stesso prigioniero d’amore!
«Presentatevi al sacerdote»… È necessario presentarsi a lui, mettersi a sua disposizione, cooperare con lui per edificare la Chiesa, in sé e negli altri, lavorare al più grande e al più affascinante degli ideali; venire incontro alle esigenze più profonde dei cuori: unirsi a Dio, unirsi tra noi, unirsi a Dio unendoci tra noi.
Lui, il sacerdote, è stato scelto e mandato a presiedere una impresa straordinaria: costruire la Chiesa, segno e strumento di questa divina e umana comunione (cfr. LG 1). Affiderò a don Gabriele le chiavi della chiesa parrocchiale, a significare la sua dedicazione alla comunità.
«Presentatevi al sacerdote»… Ripeto: il sacerdote è necessario; si tratta della salvezza degli uomini e della salvezza del mondo.
A don Gabriele e a tutti noi ministri vorrei ricordare la missione affidataci, «di piacere a tutti in tutto» (1Cor 10,33), frase equivalente all’altra: «Farsi tutto a tutti» (cfr. 1Cor 9,20ss), di non cercare l’utile proprio ma quello degli altri, e di farsi imitatore di Cristo per offrirsi modello ai fratelli: «Fatevi miei imitatori – scriveva San Paolo – come io lo sono di Cristo» (1Cor 11,1).
«Piacere a tutti in tutto»… «Farsi tutto a tutti»… ossia spendersi per ciascuno.
“Spetta ai sacerdoti – ci ricorda il Concilio – nella loro qualità di educatori nella fede di curare che ciascuno dei fedeli sia condotto dallo Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione secondo il Vangelo, a praticare la carità, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati (…) Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle e le associazioni più fiorenti, se non volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana» (PO, 6).
A don Gabriele e ai ministri del Signore dico: «Piacete a tutti in tutto»… «Fatevi tutto a tutti»…
E a voi fedeli ripeto: «Presentatevi al sacerdote»… Così sia!

“I fatti e i giorni” dal 30 novembre al 6 dicembre 2014

Settimana dal 30 novembre al 6 dicembre 2014

“Vedremo, Ameremo, Canteremo”.
Così è intitolata la serata di contemplazione musicale che ha inaugurato il tempo liturgico dell’Avvento nella Basilica di San Marino. Un concerto che non ha proposto “ninne nanne” natalizie ma testi impegnativi che testimoniano le grandi domande esistenziali e perfino le proteste dell’uomo di fronte all’enigma del suo destino. Le musiche erano del grande compositore spagnolo Tomàs Luis De Victoria, ma interpretano i turbamenti, le inquietudini, lo spaesamento e le preoccupazioni di tutti: guai personali e guai collettivi… In effetti quella che si conclude è una settimana inquietante: uccisione del piccolo Andrea Loris, scoperchiamento della cupola mafiosa, ancora situazioni di dissesto ambientale con vittime. Su questo scenario può aprirsi una prospettiva di senso con una promessa: “Vedremo”.
L’intreccio delle voci della ensemble musicale persuadono mentre pronunciano le parole della fede e annunciano la certezza che viene dalla speranza teologale. E che questa non è mera consolazione lo si evince dalle opere che si compiono per la fede. Qualche esempio. Il centro missionario, mercoledì scorso, ha accompagnato un pullman di pellegrini a Parma per incontrare la Comunità delle Suore Missionarie Saveriane. Sono state colpite di recente da un grave lutto: tre di loro sono state assassinate nella missione di Bujumbura in Congo. Nonostante questo, nella loro casa, la vita riprende subito, il sorriso è la loro “divisa”, fioriscono parole di pace e di perdono. “La vita era già stata offerta –  dice la responsabile del gruppo – non hanno tolto niente alle nostre tre sorelle: tutto era già dato”. Qualcuno dei partecipanti chiede ragione del coraggio e dei sacrifici di chi parte per la missione. La risposta: “E’ lo stesso amore che rende possibile e persino bello il dono di voi stessi nel vostro quotidiano: l’assistenza premurosa agli anziani, la cura dei bimbi con sveglie impossibili, la fedeltà alla vita con le sue pretese …”.
E’ vero: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
“Ameremo”.
Altri esempi. La settimana si è chiusa con due eventi di cui RTV ha dato notizia; eventi che ci rinviano ad altri costruttori di pace e di bene, neppur troppo lontani nel tempo: Paolo VI, testimone e protagonista della “civiltà dell’amore” a cui è stato dedicato un Convegno di studi ed Alberto Marvelli che ritorna sul Titano con una mostra a lui dedicata. Di queste testimonianze e di questi messaggi ha tanto bisogno la nostra Repubblica (ma anche il resto della Diocesi) segnata questi mesi dalla crisi morale. Amiamo pensare tale crisi come un incidente di percorso; un percorso che nel suo insieme è caratterizzato dall’impegno civico, dalla custodia della libertà, dall’accoglienza dei valori e dal riferimento al cristianesimo portato qui dalla vicina Rimini dal Santo Marino. C’è da augurarsi che sia fatta giustizia al più presto per ritrovare serenità nel nostro piccolo Stato dove ci si conosce tutti, ma non del tutto. Abbiamo bisogno di tornare a guardarci negli occhi con fiducia, riprendere il cammino ed essere capaci di “rigenerazione”. Durante l’ultima guerra il beato Marvelli saliva  sul Titano con la sua bici per portare viveri agli sfollati, ora vi torna con la bellezza. La bellezza è necessaria come il pane e la santità è nostalgia e possibilità per tutti. “Vedremo, Ameremo, Canteremo”.

Omelia della Prima Domenica di Avvento

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

1 dicembre, Monte Grimano (PU)

Mc 13,33-37

(da registrazione)

Oggi ricordiamo Santa Cecilia che fin dall’antichità è stata invocata come protettrice del canto e della musica. Immaginiamo per un momento di essere uno strumento musicale, un diverso strumento a seconda della personalità. Lo Spirito del Signore soffia dentro ciascuno: Lui è il musicista e noi gli strumenti. Ad ognuno di noi l’impegno ad essere docile e ben “accordato”. La metafora degli strumenti musicali fa pensare alla Chiesa, alla nostra comunità: un orchestra viva. Noi insieme, ognuno con i suoi doni: le catechiste, gli amici che si occupano del canto, quelli che curano la chiesa, gli Scout, il gruppo degli adulti, le autorità civili e militari che vegliano su di noi.
Chiediamo a Santa Cecilia di pregare perché questa “orchestra” sia sempre polifonica e intonata, sempre nell’unità. Se a volte ci sarà qualche nota stonata o qualche tensione, ci aiuti ad usare misericordia reciproca.

Oggi ricordiamo anche un altro santo, che si festeggia proprio oggi: Andrea.
Egli è stato protagonista in tre passaggi del Vangelo. Il primo ci riporta nel tempo in cui Giovanni battezzava le folle sulle rive del Giordano. Giovanni vede tra le persone in fila per il battesimo uno che non era peccatore come gli altri, ma che voleva vivere questa esperienza per solidarietà, per abitare la periferia delle persone che portano il peso di un errore e che vorrebbero reinserirsi, ricominciare. Giovanni riconosce in quell’uomo Gesù, il Messia, e lo indica a tutti come “colui che toglie il peccato del mondo”. Vicino a Giovanni Battista ci sono due discepoli, uno di loro è Andrea. Andrea si mette a seguire Gesù, prima in distanza poi più da vicino, fino al punto che Gesù gli dice: “Chi cerchi?”. Andrea risponde: “Signore, dove abiti?”. Allora Gesù gli fa la proposta: “Vieni e vedi” (cfr. Gv 1, 38-39). Poi Andrea va a dire a suo fratello Simone (Pietro) che ha trovato il Messia e lo porta da Gesù. Ecco chi è Andrea: è colui che porta da Gesù.
Secondo passaggio. Dopo una giornata trascorsa da Gesù con la folla, al tramonto del sole, gli apostoli invitano il Maestro a congedarla per fare acquisto di cibo nei villaggi limitrofi; non avevano nulla da mangiare. Gesù disse agli apostoli: “Date voi loro da mangiare”. Andrea vede un ragazzo che ha con sé cinque pani e due pesci e lo accompagna da Gesù che li moltiplicherà per sfamare quella moltitudine.
Terzo passaggio. C’era un gruppo di greci che voleva incontrare Gesù, ma non gli era possibile per la folla e per il fatto che erano stranieri. Allora quei greci si sono avvicinati a Filippo di Betsaida, una città di fondazione greca, e gli sussurrano: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Filippo si reca da Andrea e Andrea con Filippo li accompagna da Gesù.
Questo è stato il compito di Andrea, ma è compito di ognuno di noi portare a Gesù tutti quelli che non lo conoscono o che lo sentono lontano.
Chiediamo a Sant’Andrea di essere missionari come lo è stato lui.

Carissimi, oggi ho una richiesta da farvi: avrei bisogno di 3 o 4 giovani “missionari”, missionari tra le nostre montagne. Abbiamo una vallata intera che non ha più il sacerdote. A loro il Signore affida il compito di fare un ricamo di luce su quella vallata aiutando i bambini e i grandi, portando il perdono del Signore e l’Eucaristia, creando gruppi in cui si legge il Vangelo e ci si impegna a scommettere che il Vangelo è vero.
Abbiamo appena acceso la prima candela dell’Avvento – l’avete chiamata la candela del profeta – il nostro pensiero si proietta immediatamente al Natale, verso la nascita del Salvatore. Tuttavia, il Vangelo di oggi parla di un’altra venuta di Cristo, e precisamente del suo ritorno (parusia). Gesù stesso ha detto che ritornerà, ma in modo imprevedibile. Non sappiamo quando sarà. Siamo pronti a riceverlo? Come possiamo vivere bene l’attesa di Colui del quale speriamo il ritorno senza conoscerne il momento se non tenendoci svegli?
Il Signore viene in tante circostanze, viene nell’Eucaristia, viene nelle persone bisognose che incontriamo, viene come una buona ispirazione. Verrà, certamente, anche alla fine della nostra vita terrena.
Non si attende veramente se non ciò che si ama e dal quale ci si sente amati. Colui che noi attendiamo è Colui che per primo ci attende e ci cerca! Ecco la veglia alla quale siamo invitati e che ci condurrà all’incontro con il Signore.
Buon cammino verso il Santo Natale!

Il lavoro: insieme per ravvivare la speranza