Omelia XXII Domenica del Tempo Ordinario – Festa di San Gaspare del Bufalo

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Soanne, 31 agosto 2014
Festa di San Gaspare del Bufalo

 

Pietro, la roccia, torna ad essere un terreno scivoloso, ripiomba in logiche umane, lui che ha udito il sussurro celeste del Padre. A Gesù che è coraggiosamente deciso al supremo dono di sé -“devo andare a Gerusalemme e soffrire molto…e venire ucciso e risorgere il terzo giorno”- Pietro suggerisce invece un orizzonte piccolo piccolo, borbottando parole di cortesia: “No, Signore; questo non ti accadrà mai !”.

Pietro ci assomiglia tanto. Anche noi ci entusiasmiamo dopo una bella esperienza; un successo ci trasfigura. Ci contagiano gli esempi e le virtù dei grandi. Ma sono guai quando scocca, anche per noi, l’ora di una decisione importante e definitiva, quando si fa urgente un taglio sulla carne dei sentimenti o quando è necessario cambiare marcia perché la strada è tutta in salita. Nel momento della prova, gioverebbe ricordare un celebre passo della “Imitazione di Cristo”; dice Gesù che molti amano il suo Regno celeste, ma pochi portano la sua croce. Molti desiderano la consolazione, ma pochi desiderano la desolazione. Trova molti compagni alla mensa, ma pochi nell’astinenza. Tutti desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffrire qualcosa per Lui e con Lui” (Imitazione di Cristo, II, 11).

Dunque, nel momento della svolta e del salto di qualità, ci vuole coraggio. Un giovane chiese a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli chiese di andare oltre i tre verbi che aveva usato: che cosa devo, fare, per avere… e gli indicò l’unica cosa necessaria da cui viene tutto il resto: “Segui me” (cfr. Mt 19,16-22). Gesù non propone alcun volontarismo né alcuno sforzo titanico; chiede solo di fissare lo sguardo su di Lui. Lungo la salita Gesù ripete: guarda me, non sei solo. Non tirati indietro. Fai come ho fatto io. Si salva la vita amando. Amare comporta sempre dimenticanza e dono di sé. Fai come me, insiste Gesù, prendi su di te una vita che sia il riassunto della mia. Noi non siamo capaci di amare quanto Gesù, ma come Lui, sì. Non attardiamoci su inconcludenti se e ma. “Non voltarti – dice Gesù – guarda me. Non fissare lo sguardo nel vuoto che senti attorno, sono con te e traccio il cammino”.

Gesù ci conosce. Sa di che pasta siamo, ci svela la nostra più profonda identità: siamo fatti per essere dono, relazione, futuro. Rinnegare se stessi: sono parole pericolose se capite male. Rinnegarsi non significa annullarsi, diventare insapore e incolore. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente che ha fruttificato appieno i suoi talenti (Ermes Ronchi).

Guardami – ripete ancora Gesù – ti dico il segreto della tua piena realizzazione; diversamente, a che giova guadagnare il mondo intero se perdi te stesso?
Chi spende la vita ad accumulare cose, alla fine si ritrova solo con un pugno di mosche. Guardarlo, dunque, non solo per imitarlo, guardarlo, non solo per camminare dietro di Lui. Guardarlo per essere come Lui: dono.

Omelia XXII Domenica del Tempo ordinario – Cresime a Pennabilli

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Sante Cresime
Cattedrale di Pennabilli, 31 agosto 2014
 

Siete qui non per ricevere una benedizione ma un sacramento! Sacramento è un’azione compiuta da Gesù risorto, presente in mezzo a noi, Sua chiesa.
É il giorno della vostra Cresima.
Ministro della Cresima è il successore degli Apostoli, il Vescovo. Una catena ininterrotta unisce il vescovo Andrea agli Apostoli e con gli Apostoli a Gesù stesso. L’azione di Gesù compiuta su di voi attraverso il Vescovo consiste nella imposizione delle mani sul vostro capo (un gesto che risale ai primi tempi) e nell’unzione delle vostre fronti con il Sacro Crisma, l’olio profumato.
Imposizione delle mani e olio profumato sono il segno visibile, ma per le parole che vengono pronunciate dal Vescovo, quel segno è efficace, fa quello che significa: lo Spirito Santo, terza divina Persona, Spirito di Gesù risorto e del Padre, Amore che li unisce, scende e profuma tutta la vostra persona.
Lo Spirito Santo è come il bacio che Gesù vi stampa sul cuore. Un bacio indelebile: non si cancella più!
Ogni giorno il vero cristiano pensa a questo dono che ha ricevuto, è un punto ricorrente nella sua preghiera; e non solo pensa al dono, ma crede alla forza che gli conferisce (lo Spirito Santo è divenuto suo compagno di viaggio, sua luce, suo Avvocato difensore); il vero cristiano allora è capace di fare come fa Gesù, perché lo Spirito Santo lo fa diventare un altro Gesù.
Voi ricevete il Sacramento della Cresima in un passaggio straordinario della vostra vita. La Cresima suggella il tempo della iniziazione cristiana: col Battesimo, l’Eucaristia e la Cresima siete pienamente e definitivamente cristiani, membri a pieno titolo della Chiesa. Siete arrivati! Forse vi è costata fatica la frequenza al catechismo, forse vi hanno pesato i tanti insegnamenti, gli impegni, gli appuntamenti…
Da oggi parte un nuovo inizio; giovani anagraficamente, ma adulti nella fede. Vi attendono altri impegni, vere prove di maturità, vere e proprie responsabilità. Finora eravate come aquiloni saldamente attaccati al filo, d’ora in poi siete come scialuppe che affrontano il mare aperto.
State per iniziare le scuole superiori: batticuori, nuovi ambienti, nuovi compagni, nuovi maestri, nuove sfide… Si allarga l’orizzonte della conoscenza, prenderete in considerazione nuove domande, si affacceranno dubbi.
Inizia il momento dell’adolescenza: ragazzi e signorine che passano in fretta da una emozione all’altra, che devono imparare a gestire il proprio corpo e gli stati d’animo. Fate esperienza della vostra libertà: all’inizio penserete che sia emancipazione, “libertà da”, poi scoprirete che è più bella una “libertà per”.
La parrocchia non sprofonda nel nulla…vi attende una forma nuova di fare gruppo, attraente e adeguata alla vostra età.
Lo Spirito Santo è con voi. Vostra forza. Vostro consigliere. Sapore che dà gusto alle vostre giornate.

La famiglia e la vita di fronte alla sfida dei nuovi diritti

Lunedì 8 Settembre, ore 21.00. Sala Montelupo, Castello di Domagnano (RSM).

Esercizi Spirituali 11 – 14 settembre 2014

tenuti da don Valentino Salvoldi
presso il Monastero di Santa Maria Maddalena e San Lazzaro Pietrarubbia in collaborazione con il Centro Missionario di San Marino-Montefeltro

Seguendo le indicazioni del nostro Vescovo, che ha chiesto a gruppi, movimenti e comunità presenti in diocesi di approfondire
l’ultima Esortazione Apostolica del Papa, sarà svolto il tema della
Evangelii Gaudium
Programma:
GIOVEDÌ 11 SETTEMBRE
ore 19:00 Introduzione

VENERDÌ 12 SETTEMBRE
ore 8:15 Lodi
ore 8:30 Santa Messa
ore 10:00 Prima meditazione
ore 16:00 Seconda meditazione

SABATO 13 SETTEMBRE
ore 8:30 Lodi e Terza
segue meditazione
ore 17:30 Santa Messa
segue meditazione
ore 21:00 Veglia biblica
per la Vestizione di Giulia

DOMENICA 14 SETTEMBRE
ore 10:00 Chiusura degli esercizi
0re 18:00 Santa Messa
per la vestizione di Giulia
Nei momenti liberi don Valentino e i sacerdoti
presenti si renderanno disponibili a colloqui e confessioni.
Per informazioni sulla possibilità di pernottamento rivolgersi a suor Maria Karola
Monache dell’Adorazione Eucaristica – tel. 0722 75103

MONASTERO MONACHE AGOSTINIANE S.ANTONIO DA PADOVA PENNABILLI

Carissimi amici,

Celebriamo insieme la solennità di queste feste di Monica ed Agostino nella Liturgia, nell’amicizia e nell’arte:

Mercoledì 27 Festa di Santa Monica
7.45 Canto delle lodi della festa di S. Monica
18.00 Messa della festa di S. Monica celebrata da P. Raffaele Ruffo a seguiti il canto dei primi vespri della Solennità di S. Agostino
21.00 Un momento di Veglia e di preghiera in dialogo: tra Monica ed Agostino

Giovedì 28 Solennità del S. P. Agostino

07.45 il canto delle Lodi
18.00 Messa Solenne del S. P. Agostino celebrata da don Davide Arcangeli
Segue un momento di festa insieme nella sala S. Pietro

Sabato 30 Agosto ore 21.00

Presentiamo lo spettacolo DE SIDERO, tratto dalle Confessioni di S. Agostino e messo in atto dai giovani della Parrocchia S. Giustina di Belluno.

Vi aspettiamo per vivere l’intensità di questi momenti insieme

Le vostre sorelle Agostiniane di Pennabilli

DOMENICA XXI del T.O. – 24 Agosto 2014

Parrocchia di S.Agata Feltria – Saluto alle Suore di Santa Dorotea – Omelia

“Se non ardi, non accendi”: così amava ripetere il beato Luca Passi alle sue suore. E qui a S.Agata – care sorelle- di fuochi ne avete accesi tanti. Avete riscaldato cuori, avete illuminato intelligenze, avete consumato energie. Sarebbe suggestivo sviluppare la metafora della combustione per descrivere la vostra vita, una vita consacrata all’amore. Sublime vocazione!
Pensiamo con indicibile gratitudine alle suore succedutesi in questa mirabile staffetta dal 1861 quando il fondatore il beato Luca Passi, acquistò qui a S.Agata la casa che ora stiamo per chiudere.
Alla madre provinciale va il ringraziamento della Parrocchia e della Diocesi.
Grazie a Suor Renata, Suor Anna, Suor Ernesta, Suor Blandina a cui viene chiesto di soffrire più acutamente per il distacco; ma state certe: la fiamma che avete alimentato con il vostro servizio nel campo della catechesi e dell’apostolato famigliare, nel servizio alla comunità parrocchiale, nell’accoglienza ai gruppi, specialmente quelli organizzati dalla pastorale giovanile, non si spegnerà. Questa fiamma sarà alimentata in primis dalla vostra preghiera e dall’offerta quotidiana di voi stesse: noi vi apparteniamo, come voi appartenete per sempre a noi. Questa fiamma sarà alimentata dall’impegno solenne che prendiamo davanti al Signore e a voi di ripresa nella vita cristiana, di dedizione ancor più generosa all’educazione della gioventù, di partecipazione alla vita della nostra e vostra parrocchia. Lo faremo anche attraverso l’Opera di Santa Dorotea presente qui a S. Agata che coltiva il carisma del vostro fondatore. Ci proponiamo poi di metterci in ascolto (è un invito speciale rivolto alle ragazze e ai ragazzi) insieme ai giovani per non lasciar cadere l’invito accorato di Gesù: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra, come vorrei che fosse già acceso” (cfr Lc 12,49).
Oggi il Vangelo ci interpella in modo particolare. Gesù rilancia un sondaggio d’opinione: “La gente chi dice chi sia il Figlio dell’Uomo?” e poi più sotto, incalzando: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Non valgono le risposte imparaticce ,non valgono neppure le definizioni che, fortunatamente, ci hanno dato catechisti, genitori, nonni. Dunque: Gesù liberatore? Salvatore? Amico? O Dio? Cosa significa chiamare Gesù “Dio”? Con questo attributo vogliamo dire che Lui è il Signore della nostra vita, che siamo suoi e gli apparteniamo. Per questo abbiamo pregato che ci conceda “di amare ciò che comanda, e desiderare ciò che promette” e “che i nostri cuori siano fissi in Lui, dove è la vera gioia”.
Ma la domanda si fa ancor più intrigante: “Ma per te, chi sono io?”. Allora tocchiamo con mano come la fede è cosa personale. Nessuno può rispondere al posto nostro. E’ necessario affrontare la questione passando da una fede ricevuta a una fede personalizzata. Esige una risposta d’amore, non solo dottrinale. Ci sono momenti della vita in cui questa risposta è provocata dalla difficoltà o dai passaggi ripidi che ci impone; allora la risposta si fa diretta: “Tu sei il mio Dio, il mio tutto”.
La risposta di Pietro: “Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivente” fu come un sasso lanciato in mezzo di un laghetto tranquillo, da Abramo a Giovanni Battista si attendeva la realizzazione di una promessa; tutti aspettavano: chi sarà? Dov’è colui che porterà salvezza? Ebbene, a Cesarea di Filippo ha posto un atto fondatore riconoscendo in Gesù il Signore. Da quel momento si dispiega il grande mistero della Chiesa: l’onda creata dal sasso in successivi cerchi lambisce le rive dell’umanità. Così la Chiesa annuncia a tutti che Gesù è il compimento di ogni attesa.
La fede di ciascuno di noi è personale ed è ecclesiale: “io credo, noi crediamo”!

 vescovo Andrea

Omelia XXI Domenica del Tempo ordinario – Saluto alle Suore Dorotee

Omelia di S.E.Mons. Andrea Turazzi

Parrocchia di S.Agata Feltria – Saluto alle Suore di Santa Dorotea, 24 agosto 2014

“Se non ardi, non accendi”: così amava ripetere il beato Luca Passi alle sue suore. E qui a S.Agata – care sorelle – di fuochi ne avete accesi tanti. Avete riscaldato cuori, avete illuminato intelligenze, avete consumato energie. Sarebbe suggestivo sviluppare la metafora della combustione per descrivere la vostra vita, una vita consacrata all’amore. Sublime vocazione!
Pensiamo con indicibile gratitudine alle suore succedutesi in questa mirabile staffetta dal 1861, quando il fondatore, il beato Luca Passi, acquistò qui a S.Agata la casa che ora stiamo per chiudere.
Alla madre provinciale va il ringraziamento della Parrocchia e della Diocesi.
Grazie a Suor Renata, Suor Anna, Suor Ernesta, Suor Blandina a cui viene chiesto di soffrire più acutamente per il distacco; ma state certe: la fiamma che avete alimentato con il vostro servizio nel campo della catechesi e dell’apostolato famigliare, nel servizio alla comunità parrocchiale, nell’accoglienza ai gruppi, specialmente quelli organizzati dalla pastorale giovanile, non si spegnerà. Questa fiamma sarà alimentata in primis dalla vostra preghiera e dall’offerta quotidiana di voi stesse: noi vi apparteniamo, come voi appartenete per sempre a noi. Questa fiamma sarà alimentata dall’impegno solenne, che prendiamo davanti al Signore e a voi, di ripresa nella vita cristiana, di dedizione ancor più generosa all’educazione della gioventù, di partecipazione alla vita della nostra e vostra parrocchia. Lo faremo anche attraverso l’Opera di Santa Dorotea, presente qui a S. Agata, che coltiva il carisma del vostro fondatore. Ci proponiamo poi di metterci in ascolto (è un invito speciale rivolto alle ragazze e ai ragazzi insieme ai giovani) per non lasciar cadere l’invito accorato di Gesù: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra, come vorrei che fosse già acceso” (cfr. Lc 12,49).
Oggi il Vangelo ci interpella in modo particolare. Gesù rilancia un sondaggio d’opinione: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?” e poi, più sotto, incalzando: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Non valgono le risposte imparaticce, non valgono neppure le definizioni che, fortunatamente, ci hanno dato catechisti, genitori, nonni. Dunque: Gesù liberatore? Salvatore? Amico? O Dio? Cosa significa chiamare Gesù “Dio”? Con questo attributo vogliamo dire che Lui è il Signore della nostra vita, che siamo suoi e gli apparteniamo. Per questo abbiamo pregato che ci conceda “di amare ciò che comanda, e desiderare ciò che promette” e “che i nostri cuori siano fissi in Lui, dove è la vera gioia”.
Ma la domanda si fa ancor più intrigante: “Ma per te, chi sono io?”. Allora tocchiamo con mano come la fede è cosa personale. Nessuno può rispondere al posto nostro. É necessario affrontare la questione passando da una fede ricevuta a una fede personalizzata. Esige una risposta d’amore, non solo dottrinale. Ci sono momenti della vita in cui questa risposta è provocata dalla difficoltà o dai passaggi ripidi che ci impone; allora la risposta si fa diretta: “Tu sei il mio Dio, il mio tutto”.
La risposta di Pietro: “Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivente” fu come un sasso lanciato nel mezzo di un laghetto tranquillo. Da Abramo a Giovanni Battista si attendeva la realizzazione di una promessa. Tutti aspettavano: chi sarà? Dov’è colui che porterà salvezza? Ebbene, a Cesarea di Filippo, Pietro ha posto un atto fondatore riconoscendo in Gesù il Signore. Da quel momento si dispiega il grande mistero della Chiesa: l’onda creata dal sasso in successivi cerchi lambisce le rive dell’umanità. Così la Chiesa annuncia a tutti che Gesù è il compimento di ogni attesa.
La fede di ciascuno di noi è personale ed è ecclesiale: “Io credo, noi crediamo”!

+ vescovo Andrea

Comunicato stampa pellegrinaggio all’Eremo della Madonna del Faggio

Una straordinaria giornata quella vissuta all’Eremo della Madonna del Faggio, domenica 17 Agosto, da oltre 500 fedeli giunti alla sommità del monte provenienti da ogni angolo della Diocesi per partecipare alla Camminata del risveglio sulle orme dei nostri padri. I diversi gruppi, alcuni dei quali erano partiti anche all’una dopo mezzanotte di domenica mattina, hanno camminato pregando e cantando per raggiungere l’Eremo del Monte Carpegna. Anche il Vescovo Turazzi ha percorso un tratto di strada partendo da Montecopiolo per incontrarsi con tutti i pellegrini a Pianacquadio dove si è formata una lunga teoria di fedeli che si è rimessa in Marcia per raggiungere la Croce posta sul prato nei pressi dell’Eremo. “La preghiera è materna! Come materno è il cuore di Dio” ha detto Mons. Turazzi al termine dell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica alla quale hanno partecipato un gran numero di giovani e giovanissimi, che hanno risposto in modo entusiasta alla chiamata del Vescovo di San Marino-Montefeltro. L’omelia che parla della donna cananea, quindi pagana, che non esita ad incontrare Gesù e ad implorarlo per ottenere la guarigione della figlia è un affresco stupendo della maternità via via sviluppato davanti all’immagine della Madonna del Faggio. “Una madre implora la guarigione per la sua bambina-dice Mons. Turazzi- Che importa se è straniera e pagana? MaGesù la raggela con la sua reazione, lui dolce e umile di cuore, sempre delicato e sensibile di fronte alla sofferenza dei piccoli. Dà l’impressione di allontanare quella mamma che, tuttavia, non s’ arrende al suo silenzio. In realtà — lo scopriamo quasi subito — Gesù fa crescere in lei un’altra dimensione. La donna straniera- continua il Vescovo Turazzi- aveva chiamato Gesù come avrebbe fatto il più osservante degli ebrei: Signore, Figlio di Davide. Con queste parole designa Gesù come il Messia che deve venire. Gesù vuole che non si fermi alla formula, per quanto esatta. Le parla con espressioni simili a quelle che aveva usato con la donna più cara della sua vita, Maria, sua madre, quando, alle nozze di Cana in Galilea, le replicò: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. Come Maria di Nazaret anche la donna cananea sposta le lancette dell’ora di Gesù. Come? Con la fede e l’umiltà. E con l’unico tesoro che possiede: la sua bambina. Per quanto sprovveduta, ella sa che il Dio di Israele è un Dio di bontà. Si accontenta delle briciole — quasi le esige — che cadono dalla tavola preparata per il popolo eletto. Gesù cede! Donna, grande è la tua fede!”. Ecco, la fede che la donna Cananea manifesta a Gesù, chiede Mons. Turazzi, è la nostra fede? Oppure crediamo di credere e ci stanchiamo perché preghiamo e non otteniamo? Conclude il Vescovo “Dio ascolta anche se conserva il segreto dell’esaudimento. La preghiera più vera è quella che sgorga dal profondo. Bastano parole semplici. Le labbra non sono ancora il fondo di noi stessi. I ragionamenti non pescano del tuttonella parte vitale. La preghiera è il grido che sale dalle viscere.

La preghiera è materna! Come materno è il cuore di Dio”.

Pennabilli, 18 Agosto 2014

Spettacolo su S. Agostino “De Sidero”

XX Domenica del Tempo Ordinario

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
“Camminata del risveglio sulle orme dei nostri padri”.
Eremo di Carpegna, 17 agosto 2014

Is 56, 1.6-7
Sal 66
Rm 11, 13-15.29-32
Mt 15, 21-28

(da registrazione)
Una madre implora la guarigione per la sua bambina. Ma Gesù ci raggela con la sua reazione, lui così dolce e umile di cuore, sempre delicato e sensibile di fronte alla sofferenza dei piccoli, ha un atteggiamento di freddezza verso questa mamma; dà l’impressione di allontanarla. Tuttavia lei non si arrende davanti al silenzio di Gesù.
Ci sono tante interpretazioni di questi versetti – ve le risparmio – vi dico quello che è il frutto della mia meditazione. La donna straniera chiama Gesù come avrebbe fatto il più osservante degli Ebrei: lo chiama «Signore», «Figlio di Davide»; con queste parole lo designa come il Messia che deve venire. E’ correttissima, ma Gesù vuol far crescere in lei un’altra dimensione, vuole che non si fermi alla formula, per quanto esatta. Le parla con espressioni simili a quelle che aveva usato con la donna più cara della sua vita, Maria sua madre. Gesù si rivolge alla donna cananea come si rivolse a Maria quando, alle nozze di Cana, replicò a lei che domandava un prodigio «Che ho da fare con te o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (cfr Gv 2,4). Come Maria di Nazaret anche la donna cananea riesce con la sua insistenza a spostare le lancette dell’ora di Gesù. Come ha fatto? Con la fede, con la sua umiltà e con l’unico tesoro che questa donna possiede: la sua bambina. Per quanto sprovveduta, quella donna sa che il Dio di Israele è un Dio di bontà e si accontenterebbe delle briciole. Gesù cede e le dice: «Donna davvero grande è la tua fede»; si complimenta con lei. E quand’è che Gesù ammira la fede di una persona, quand’è che ammira ciascuno di noi? Quando gridiamo verso di lui con audacia, con insistenza, quando ci facciamo umili, piccoli come bambini, allora lui ascolta, guarda, si lascia toccare, risponde… E noi, che crediamo di credere, abbiamo un po’ della fede di quella donna cananea? Preghiamo, sì; ma non otteniamo, perché? Forse Dio fa con noi come con quella donna, vuole purificare la nostra fede, formarci all’umiltà e soprattutto alla confidenza, vuole che guardiamo attorno a noi i fratelli e le sorelle che sono il nostro tesoro che portiamo nella preghiera.
Ricordate quando Dio incontrò Caino e gli disse «Dov’è tuo fratello?» (cfr Gn 4,9). Ricordate la sua risposta: «Son forse il custode di mio fratello?» (cfr Gn 4,9). Era la risposta peggiore che potesse dare. Allora noi vogliamo, in questa Eucaristia, andare incontro a Gesù tenendo per mano strette strette tutte le persone che Gesù ci ha affidato a cominciare da quel grappolo di vita così bello che è la nostra famiglia. É importante che ci mettiamo in rete, che cantiamo la bellezza della famiglia. Nella famiglia sono unite insieme tutte le differenze: l’uomo e la donna, il piccolo e il grande, il giovane e il vecchio, il fratello che ha studiato e quello che ha solo la quinta elementare, quello che va in chiesa e quello che non ci va, quello che è “di destra” e quello che è “di sinistra”… nella famiglia tutto è accolto. Essa è il luogo della custodia di tutte le differenze. Questa è solo una delle cose che rende bellissima la famiglia e noi lo vogliamo proclamare in faccia al mondo. Con il Signore bastano parole semplici…
Una persona che andava a scuola di preghiera, alla domanda “come si fa a pregare?” si sentiva dire dal maestro: “A pregare si impara pregando”. Ogni giorno, l’allievo tornava sconsolato dal maestro e lui ripeteva sempre la stessa cosa, finché un giorno l’allievo non tornava più, si era attardato sotto un albero a pregare. Alla sera, al suo ritorno, il maestro gli chiese se avesse imparato a pregare e come. L’allievo rispose che diceva così al Signore: “A, b, c, d…” – tutto l’alfabeto – aspettando che fosse Lui, il Signore, a comporre le parole. Al Signore bastano parole semplici, ma che vengano dal fondo di noi stessi, perché non sempre le labbra sono collegate al fondo di noi stessi. A volte anche i ragionamenti non pescano del tutto nella parte vitale del nostro cuore. La preghiera è un grido che sale dal profondo, la preghiera è … materna!
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DISCORSO DEL VESCOVO PRIMA DELLA SANTA MESSA
Oggi siamo venuti quassù, al santuario della Madonna del Faggio, a pregare per le nostre famiglie, siamo venuti per chiedere il dono di tante vocazioni sacerdotali, religiose, missionarie, diaconali, ma siamo venuti anche a chiedere che si viva la vita di famiglia come vocazione.
Insieme a queste intenzioni e a tutte quelle che abbiamo covato nel cuore durante il cammino, vogliamo fare una grande preghiera per i nostri fratelli perseguitati in Nigeria, in Siria e soprattutto, in questi ultimi mesi, nel nord dell’Iraq.
Ci uniamo a tutti quelli che chiedono rispetto e tolleranza, non solo ai cattolici, ma a tutte le minoranze che non vengono considerate nei loro sentimenti e nel loro credo. Sarebbe bello che i cristiani che vivono in quelle regioni, non fossero costretti a venir via; anzi – mi verrebbe da dire – perché non andiamo là anche noi? E’ facile dirlo per me che sono qui, ma è veramente importante andarci per tener viva la presenza cristiana, per costruire il dialogo sul posto ed inoltre perché le minoranze cristiane sono una grande risorsa per il bene comune di quelle terre. Allora io propongo ad ognuno di noi di adottare un cristiano, perché possa continuare la sua missione, magari spostandosi di villaggio in villaggio. Vorrei che mettessimo da parte qualcosa del nostro bilancio familiare per sostenere quelle persone. In seguito, con l’aiuto della Caritas, potremo essere più precisi su come svolgere questa operazione nel modo migliore e più sicuro.
Poi mi viene da domandare – non a voi che ho visto numerosi stamattina, riuniti a pregare nelle piazze, prima di partire, a “pregare per pregare bene” – ma a me: “Tu, don Andrea, sei un vero cristiano? Cosa sei disposto a dare a Gesù? Per lui cosa sei pronto a fare?”. É una domanda che ho nel cuore e che depongo ai piedi di Maria perché mi incoraggi, perché, se c’è bisogno, smascheri le mie meschinità e me le renda note e poi perché aiuti me e tutti a diventare santi.
Concludo con il racconto di un fatterello molto significativo. Un ragazzino di terza media era stato interrogato in matematica ed era alla lavagna. Era il mese di maggio. Gli era venuto da starnutire e voleva tirar fuori il fazzolettino, invece gli è uscita dalla tasca la corona del rosario. Potete immaginare il coro pettegolo delle ragazzine e dei suoi amici che lo deridevano… Vedete, la persecuzione è anche qui; una persecuzione sorda, criptica, nascosta ma tremenda, in fabbrica, a scuola, ovunque. Il ragazzino coraggiosamente ha risposto: “Cosa c’è di male se dico il rosario?”. Quel ragazzino è stato un missionario.